The Wind
Finye
Durata
100
Formato
Regista
Batrou (Goundo Guissé) è la figlia di un colonnello che detiene il potere nella città. È innamorata di Bâ (Fousseyni Sissoko), suo collega all’università. Insieme prendono parte alle proteste studentesche che vengono sedate proprio dal padre di lei.
Il film inizia con uno schermo nero e il rumore del vento, seguito da un un bambino che porta dell’acqua in una scena ritualistica che si ripeterà altre due volte, dando alla pellicola una struttura ciclica. Poi, a dei simboli vengono associate le parole “Il vento risveglia il pensiero dell’uomo”, frase che sa di pensiero magico, in una pellicola perlopiù realista a cui non mancano episodi che uno sguardo occidentale definirebbe soprannaturali, e che invece qui appaiono del tutto coerenti con il concretissimo messaggio di denuncia sociale. La prima parte del film ci presenta gli studenti nella loro quotidianità: esami, uso ricreativo di alcune droghe, attrazioni e litigi. E comincia anche a mostrarci la violenza del potere militare, personificato da Sangaré (interpretato da Balla Moussa Keita, presente in quasi tutti i lavori di Cissé). Egli è un uomo abituato a comandare, severo con sua figlia così come con le sue mogli che non esita a maltrattare e a minacciare di morte. Nella seconda parte, le proteste studentesche vengono sedate con aggressività e la stessa Batrou diventa vittima del padre. Questa politica militarizzata fa certamente riferimento alla dittatura di Moussa Traoré, al potere in Mali dal ‘68 al ‘91. A questa nuova forma di autorità si contrappone il vecchio potere tribale, rappresentato dal padre di Bâ, Kansaye, che resta in contatto con gli spiriti e rappresenta una società precoloniale e atavica, fuori tempo massimo eppure ancora resistente. Il messaggio però è tutt’altro che reazionario: Kansaye brucia i suoi abiti e passa il testimone alla nuova generazione, unendosi agli studenti in rivolta. Inoltre il regista, attentissimo fin dal suo esordio alla delicata condizione femminile in Mali, mostra anche in quest’opera una protagonista complessa, decisa ad affrontare il padre pur di difendere i propri valori. È questo il vento del cambiamento che viene auspicato fin dal titolo. Lucido sguardo sul proprio Paese, critico ma fortemente speranzoso, arricchito dall’estro visivo di Cissé e dalla bella fotografia. Alcuni passaggi sono un po' scolastici nella messinscena e didascalici del messaggio, ma il disegno d'insieme resta efficace. Presentato a Cannes nella sezione Un certain regard, il film non ebbe in Europa il successo del successivo Yeelen, ma in Africa vinse il primo premio ai festival di Cartagine e di Ouagadougou, tra i principali del continente.
Il film inizia con uno schermo nero e il rumore del vento, seguito da un un bambino che porta dell’acqua in una scena ritualistica che si ripeterà altre due volte, dando alla pellicola una struttura ciclica. Poi, a dei simboli vengono associate le parole “Il vento risveglia il pensiero dell’uomo”, frase che sa di pensiero magico, in una pellicola perlopiù realista a cui non mancano episodi che uno sguardo occidentale definirebbe soprannaturali, e che invece qui appaiono del tutto coerenti con il concretissimo messaggio di denuncia sociale. La prima parte del film ci presenta gli studenti nella loro quotidianità: esami, uso ricreativo di alcune droghe, attrazioni e litigi. E comincia anche a mostrarci la violenza del potere militare, personificato da Sangaré (interpretato da Balla Moussa Keita, presente in quasi tutti i lavori di Cissé). Egli è un uomo abituato a comandare, severo con sua figlia così come con le sue mogli che non esita a maltrattare e a minacciare di morte. Nella seconda parte, le proteste studentesche vengono sedate con aggressività e la stessa Batrou diventa vittima del padre. Questa politica militarizzata fa certamente riferimento alla dittatura di Moussa Traoré, al potere in Mali dal ‘68 al ‘91. A questa nuova forma di autorità si contrappone il vecchio potere tribale, rappresentato dal padre di Bâ, Kansaye, che resta in contatto con gli spiriti e rappresenta una società precoloniale e atavica, fuori tempo massimo eppure ancora resistente. Il messaggio però è tutt’altro che reazionario: Kansaye brucia i suoi abiti e passa il testimone alla nuova generazione, unendosi agli studenti in rivolta. Inoltre il regista, attentissimo fin dal suo esordio alla delicata condizione femminile in Mali, mostra anche in quest’opera una protagonista complessa, decisa ad affrontare il padre pur di difendere i propri valori. È questo il vento del cambiamento che viene auspicato fin dal titolo. Lucido sguardo sul proprio Paese, critico ma fortemente speranzoso, arricchito dall’estro visivo di Cissé e dalla bella fotografia. Alcuni passaggi sono un po' scolastici nella messinscena e didascalici del messaggio, ma il disegno d'insieme resta efficace. Presentato a Cannes nella sezione Un certain regard, il film non ebbe in Europa il successo del successivo Yeelen, ma in Africa vinse il primo premio ai festival di Cartagine e di Ouagadougou, tra i principali del continente.