«La vera star di un tempo non esiste più: se devo identificare un attore hollywoodiano che può essere definito ancora tale direi Leonardo DiCaprio, è l'ultimo rappresentante di un divismo che non c'è più» (Piera Detassis)
Un interprete d'altri tempi che, come afferma Meryl Streep, «ha il sacro fuoco della recitazione»: tra gli attori più talentuosi della sua generazione, Leonardo DiCaprio inizia con la TV per poi passare alla gloria del grande schermo, praticamente immediata dal momento che l'interpretazione in What's Eating Gilbert Grape, suo terzo film, gli frutta una candidatura agli Oscar. Il resto è storia: Cameron/Winslet e Titanic, la collaborazione con autori di riferimento nel campo della settima arte (Eastwood, Nolan, Spielberg) e l'incontro con il suo mentore, Martin Scorsese, che lo dirigerà di nuovo in Killers of the Flower Moon, previsto per il 2022.
L'11 novembre Leonardo DiCaprio compie 47 anni: per omaggiarlo, ecco un viaggio (in rigoroso ordine cronologico) attraverso le sue interpretazioni più memorabili!
Arnie Grape in Buon compleanno Mr. Grape (1993)

Lasse Hallström affronta un ambiente non facile, quello della provincia americana più povera e ignorante, dove il numero di figli pro capite è spesso direttamente proporzionale alla massa corporea e inversamente proporzionale al conto in banca. La spettacolarizzazione del mostro, che ha per oggetto il corpo grottesco della madre, è un tratto tipico dell'ottusa e annoiata provincia e costituisce più di uno spunto interessante per riflessioni sociali originali, ai tempi in cui le brutture dei reality show non erano ancora pane quotidiano. Impressionante la performance di un giovanissimo Leonardo DiCaprio (all'epoca ventunenne), che interpreta il fratellino ritardato Arnie: non a caso, fu nominato sia per gli Oscar che per i Golden Globe.
Howard Hughes in The Aviator (2004)

Martin Scorsese decide di aggiungere alla sua lunga collezione di antieroi tormentati una delle figure più controverse della storia del capitalismo americano: dell'ambiguo ed eccentrico Howard Hughes vengono espunti gli aspetti più negativi, come il conflitto con Orson Welles (che si ispirò a lui, oltre che a William Randolph Hearst, per il protagonista di Quarto potere del 1941), oppure i sordidi legami con la mafia, cui fanno cenno persino i romanzi di James Ellroy. Il personaggio diventa così una sorta di incarnazione megalomane del Sogno americano. Magnate, produttore cinematografico, costruttore di aerei e soprattutto paranoico: Hughes trova nelle fattezze e nella gestualità di un mimetico DiCaprio l'incarnazione perfetta.
Frank Wheeler in Revolutionary Road (2008)

Tratto dall'omonimo romanzo di Richard Yates, Revolutionary Road deve molto alle ottime prestazioni di Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, tornati in scena insieme a undici anni di distanza da Titanic (1997) di James Cameron, ma ha anche dalla sua un forte impianto cinematografico e una solida scrittura. Sam Mendes, con questa dolorosa opera, regala una profonda e impietosa analisi del deteriorarsi universale dei rapporti di coppia: l'ambientazione nella provincia dell'American Dream, perfettamente ricostruita, è funzionale, ma April e Frank potrebbero vivere ovunque, in qualunque epoca. Analisi chirurgica e impietosa sulla deriva del matrimonio apparentemente perfetto: e DiCaprio, nei panni del represso e smarrito Frank, non si dimentica.
Dominic Cobb in Inception (2010)

Costruito come un intricato puzzle narrativo (allo spettatore il, non sempre semplice, compito di ricomporlo), dove realtà e sogno o, perfino, sogni dentro altri sogni tendono a mescolarsi senza sosta, Inception è innanzitutto un mirabile spettacolo per gli occhi, i cui effetti speciali prendono spunto dalle incisioni di M. C. Escher e le cui strutture labirintiche sembrano ispirate dai testi di Jorge Luis Borges. Se a prima vista colpiscono soprattutto l'incessante ritmo complessivo e la perfetta orchestrazione audiovisiva (notevole l'accompagnamento musicale di Hans Zimmer), guardando più attentamente si scorge anche una storia d'amore profonda, toccante e commovente, trainata dalla spettacolare interpretazione di DiCaprio («Non riesco a immaginarti con tutta la tua complessità, tutta la tua perfezione, tutta la tua imperfezione... Guardati, sei solo un'ombra della mia vera moglie e sei il meglio che ho potuto creare»).
Calvin J. Candie in Django Unchained (2012)

Quentin Tarantino rilegge la storia spostando il suo immaginario post-moderno, fatto di citazionismo sfrenato, divagazioni e colonna sonora pop-rock, nell'America sudista e schiavista alla vigilia della Guerra di secessione. Memorabili l'incipit tra la neve e l'esilarante sequenza che vede coinvolti i membri del Ku Klux Klan e che rivela tutta la loro idiozia alle prese con cappucci da cui non si vede niente. Il mefistofelico Leonardo DiCaprio nei panni del sadico latifondista Calvin Candie è da antologia; ed è ormai di culto l'aneddoto riguardante la sequenza in cui l'attore si ferì alla mano con un coccio di bicchiere e, incurante del sangue, proseguì ignorando l'incidente e rimanendo nel personaggio. Ça va sans dire, la ripresa fu usata nel montaggio finale.
Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street (2013)

«L'anno in cui ho compiuto 26 anni ho guadagnato 49 milioni di dollari, il che mi ha fatto molto incazzare perché con altri 3 arrivavo a un milione a settimana». Dall'autobiografia del vero Jordan Belfort sceneggiata da Terence Winter, un film summa per Martin Scorsese, ormai abbonato alle superproduzioni ad alto budget. Per quanto l'era dello yuppismo forsennato fosse già stata raccontata (e in tempo reale) in Wall Street (1987) di Oliver Stone, è inquietantemente realistico questo ritratto corrosivo del capitalismo americano, in cui il regista recupera l'amoralità rivoltante e fascinosa dei suoi gangster-movie e l'ironia nera à la Fuori Orario (1985). DiCaprio è in gran forma in un ruolo scritto su misura per lui: premiato con il Golden Globe, venne però ancora una volta ignorato dagli Oscar.
Hugh Glass in Revenant – Redivivo (2015)

Ispirato al libro di Michael Punke sulla vita del cacciatore di pellicce Hugh Glass, Revenant – Redivivo costituisce senz’altro uno dei progetti più ambiziosi nella filmografia di Alejandro González Iñárritu che pone il protagonista al centro di una vera e propria odissea, circondato da un ambiente avverso, solo e mosso quasi esclusivamente dalla propria forza di volontà alimentata da una sete di vendetta lacerante e disperata. Lo sguardo sull'America dei pionieri, uomini spregiudicati e avidi, disposti a tutto per salvaguardare il proprio conto personale e intimamente razzisti, è comunque quasi secondario, quasi che al regista importi più che altro porre l'accento sull'impressionante tour de force fisico cui lo Hugh Glass interpretato da Leonardo DiCaprio si sottopone; ed è questa, infatti, la vera forza del film, una performance di potenza inaudita che finalmente frutta all'attore il tanto sospirato premio Oscar.
Rick Dalton in C'era una volta a... Hollywood (2019)

Arrivato al nono film, Quentin Tarantino crea una vera e propria opera-mondo della sua carriera, inglobando all’interno di un solo lungometraggio tutte le tematiche, le passioni e anche le ossessioni che hanno caratterizzato il suo cinema. Non è un caso che il titolo, C’era una volta a… Hollywood, sia già di per sé uno sguardo verso il passato, ma non soltanto quello del cinema in senso ampio: si tratta infatti di uno sguardo anche nostalgico sul cinema dello stesso Tarantino, che crea un’opera personalissima, teorica e che non scende a compromessi. Strepitosa prova di un cast guidato da una vera e propria gara di bravura tra DiCaprio e Pitt, entrambi in ruoli tra i più significativi della loro carriera.