Che in Giappone fosse nata una nuova stella dell’animazione lo si era intuito già dai tempi di La ragazza che saltava nel tempo. Uno stile nuovo, un’alternativa credibile allo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata, che, inarrivabile, in terra nipponica detta legge da tantissimi anni. E pensare che, se lo Studio Ghibli non fosse (quasi) esclusivamente stato creato per permettere l’indipendenza estetico-artistica di Miyazaki e Takahata, probabilmente staremmo parlando di un erede in piena regola: Mamoru Hosoda era infatti il regista designato per dirigere Il castello errante di Howl, salvo entrare in conflitto con Miyazaki: Hosoda fu allontanato e il resto, come si suol dire, è storia.

Digimon – Il film
La carriera di Hosoda, tuttavia, non inizia nel cinema, ma con il piccolo schermo: animatore per alcuni episodi e per tre lungometraggi di Slam Dunk, lavora anche su Sailor Moon, arrivando a un cult come Dragon Ball Z, occupandosi di un episodio della serie e anche di tre lungometraggi (Dragon Ball Z: Sfida alla leggenda, Dragon Ball Z: Il Super Sayan della leggenda e Dragon Ball: Il cammino dell’eroe). Curriculum di tutto rispetto, che lo porta al suo primo lavoro su commissione, Digimon – Il film, una sorta di versione allungata dell’omonima serie tv, un lungometraggio a episodi abbastanza inconsistente, dove le abilità tecniche e artistiche sono offuscate da un prodotto commerciale destinato al fallimento.
Hosoda dirige anche un episodio di One Piece e, nel 2005, è tempo di un secondo lungometraggio, relativo alla serie: One Piece – L’isola segreta del barone Omatsuri. I passi avanti rispetto all’esordio sono evidenti, ma è del tutto assente la mano del regista, la poetica autoriale che gli permetterà di essere acclamato e apprezzato in tutto il mondo. La svolta avviene infatti nel 2006, con La ragazza che saltava nel tempo, dove Hosoda mostra realmente le sue capacità tecniche e registiche, oltre a introdurre tematiche più complesse e articolate, a partire dalle riflessioni sul tempo e sulle conseguenze che possono nascere dalla manipolazione cronologica degli eventi.

La ragazza che saltava nel tempo
Dopo tre anni di silenzio, con Summer Wars arriva un altro indizio incisivo del talento dell’animatore nipponico che, grazie a un intreccio molto orientale (scontri tra macchine e creature digitali), introduce un pensiero sul progresso tecnologico e sulla realtà virtuale di cui l’uomo rischia di divenire schiavo: lo scontro avviene via web, l’appoggio al protagonista viene dato dalla community di internet, in un immaginario visionario e accattivante.
Per la definitiva consacrazione, tuttavia, bisogna attendere ancora tre anni: è infatti il 2012 quando nelle sale cinematografiche arriva Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo, una delle opere più poetiche e forse migliori dell’animazione nipponica degli ultimi anni, in cui tematiche come lo scontro tra la città e il mondo rurale, la realtà animalesca e quella umana si coniugano in un intreccio toccante e sincero. Un film intimo, al punto che lo stesso Hosoda ha raccontato essere stato pensato come regalo per sua moglie che non riusciva a rimanere incinta, salvo poi iniziare la gravidanza proprio quando l’opera stava per essere completata.

The Boy and the Beast
L’ultima fatica, uscita lo scorso anno in Giappone, è The Boy and the Beast, presentato al Future Film Festival e nelle sale nostrane solo come evento speciale il 10 e l’11 maggio: il mondo reale e quello “bestiale†si fondono grazie al giovane protagonista in un’opera che visivamente dimostra una complessità stilistica mai raggiunta. Ciò che Miyazaki non ha concesso, Hosoda ha saputo prendersi: non è un’eredità , non c’è passaggio di consegne, ma un’ondata d’aria nuova. Sperando di non dover attendere altri tre anni.