La giovane Mamoto Konno, studentessa liceale, inciampa per caso nel laboratorio di scienze, cadendo su un misterioso congegno. Tornando a casa, i freni della sua bici si rompono e, rischiando di essere travolta da un treno, scopre che saltando può tornare indietro nel tempo. La sua vita non sarà più la stessa. Trovare un’alternativa valida ai capolavori dello Studio Ghibli è impresa ardua, ma con La ragazza che saltava nel tempo Mamoru Hosoda dà vita a un film d’animazione godibile e gradevole, visivamente curato e dotato di guizzi notevoli (il primo salto nel tempo di Mamoto in particolare). Variante sul tema dell’emancipazione femminile, tanto caro al cinema d’animazione orientale, l’intreccio vive di un buon ritmo nella prima parte e di un finale intenso e toccante, anche se la struttura centrale non sempre è all’altezza, risultando talvolta ridondante nell’utilizzo di elementi intriganti e divertenti, ma a tratti eccessivi. Le tematiche di amicizia e amore non mancano, come del resto la riflessione fondamentale sul tempo che passa e sul potere enorme, collegato ai rischi, di poterlo manipolare a piacimento senza pensare alle conseguenze. Imperfetto ma affascinante: da vedere.