Il racconto dell’incredibile storia vera di John e Molly Chester, coppia in fuga dalla città per realizzare il sogno di una vita, quello di costruire dal nulla un’enorme fattoria seguendo i criteri della coltivazione biologica e di una completa sostenibilità ambientale. Tra mille difficoltà, momenti esaltanti e cocenti delusioni, i due protagonisti impareranno a comprendere i ritmi più profondi della natura, fino a riuscire nella loro formidabile impresa.
Girato nel corso di ben otto anni e distintosi al box office con un successo tanto cospicuo quanto inaspettato (il film, in origine, era stato programmato solo in cinque sale, ma è stato baciato da un passaparola formidabile arrivando a quasi 300 copie sul suolo statunitense), La fattoria dei nostri sogni presenta un impianto dichiaratamente positivo e speranzoso che spinge a riflettere e a emozionarsi con spassionata sincerità per la profondità del rapporto tra l’uomo e la natura, esaltato in ogni sua componente e accarezzato con devozione e attenzione non indifferente. A lungo andare, però, l’esito può risultare stucchevole e ridondante, tanto nella forma quanti nei contenuti, sebbene entrambi i protagonisti - lui è un cameraman, anche regista e coordinatore del prodotto, lei una cuoca e blogger dedica cucina rigorosamente biologica - abbiano dei margini ampi di interesse così come ciò che dei loro desideri e orizzonti costruttivi e propositivi ci viene mostrato. Convince poco, inoltre, la dimensione retorica di alcune sequenze e la confezione a due poco laccata, confezionata in maniera eccessivamente patinata. Presentato al Sundance, al Festival di Toronto e a quello di Telluride.