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Damien Chazelle ha parlato dei musical preferiti alla Festa del Cinema di Roma: "Li odiavo, poi è arrivato Jacques Demy"
Cresciuto a Princeton, nel New Jersey, Damien Chazelle già da bambino vede nel cinema la sua passione principale. È la musica, però, a fargli prendere inizialmente un’altra direzione: durante gli anni del liceo, infatti, cerca di affermarsi come batterista jazz sotto lo sguardo severo di un insegnante da cui successivamente trarrà ispirazione per il personaggio di Terence Fletcher in Whiplash. Inizia a suonare nella band della scuola ma sente di non avere il talento per diventare un grande batterista, quindi accantona la musica per tornare alla sua prima passione. Si iscrive a Harvard, studia cinema presso il Dipartimento di Studi Visivi e Ambientali e inizia a girare i primi cortometraggi e a scrivere e dirigere il suo primo lungometraggio, Guy and Madeline on a Park Bench.

Nel 2013 realizza il cortometraggio Whiplash, primo tassello di quello che diventerà, l’anno successivo, il suo secondo film, un’opera dinamica e magnetica che ottiene un successo planetario, vincendo tre Oscar. Ancora giovanissimo, Chazelle con Whiplash convince il mondo intero realizzando un’opera in cui la musica è protagonista, caratterizzata da una regia consapevole e perfettamente centrata sull’esasperazione del rapporto tra allievo e maestro. Il 2017 è il suo anno d’oro. Con La La Land, vero e proprio tributo alla magia del cinema, fa incetta di candidature agli Oscar. Ne riceve quattordici, eguagliando il primato di Eva contro Eva e Titanic, e ne vince sei, tra cui quello per la miglior regia e per la migliore attrice protagonista, Emma Stone. L’anno successivo, il regista apre la Mostra del Cinema di Venezia con First Man – Il primo uomo, la storia di Neil Armstrong negli anni precedenti la missione dell'Apollo 11 vista attraverso uno sguardo del tutto inedito e personale. La pellicola riceve numerosi premi, tra cui l’Oscar per i migliori effetti speciali.

Alla Festa del Cinema di Roma Chazelle ha tenuto, on-air, un Incontro Ravvicinato con il pubblico in cui ha parlato dei suoi musical preferiti e ovviamente anche del suo La La Land, capitale per il genere in rapporto alla contemporaneità. Vi riportiamo di seguito i tratti salienti degli interventi di Chazelle, divisi ovviamente per film. 

WEST SIDE STORY (Robert Wise, Jerome Robbins, 1961)

Come molti lo amo tantissimo. L’ultima volta l’ho visto prima di iniziare a girare La La Land insieme al mio compositore. Come i film di Fred Astaire è su larga scala, ma Robert Wise ha fatto un lavoro pazzesco sul montaggio, sul taglio della musica e sul movimento dei corpi. Spielberg sicuramente è un regista migliore di Wise è può fare un grande lavoro nella sua nuova versione, anche se quando l’ho conosciuto, perché ha prodotto First Man, era angosciato dai feedback negativi della stampa. All’epoca Pauline Kael stroncò il film, comunque credo esista un margine per rifarlo e, se possibile, migliorarlo. Ho visto dei numeri musicali che Spielberg ha ripreso col cellulare, nient’altro.



LES PARAPLUIES DE CHERBOURG (Jacques Demy, 1964)

L’ho visto per la prima volta a 18 o 19 anni e rimane il film più importante della mia vita da cinefilo. Prima di vederlo non impazzivo per i musical, pensavo non fossero roba mia. E infatti per 10-15 minuti non lo sopportavo, poi è successo qualcosa che non so spiegare, una chimica tutta particolare, quand’è finito ero rapito e devastato. L’artificio iniziale si è rivelato decisivo, perché non sai più cosa è vero e cosa no e diventi vulnerabile. Per me è il più grande artificio della storia del cinema. Sai, è strano: ho suonato e visto cinema per tutta l’infanzia, ma odiavo i musical come Singin’ in the Rain e i film di Fred Astaire. Amavo Hitchock, i musical con la gente che si ferma per cantare mi sembravano così irreali!



INCONTRIAMOCI A SAINT LOUS (Meet Me in St. Louis, Vincente Minnelli, 1944)

Tra i musical classici è uno dei più vicini alla maniera francese di concepirli, i personaggi sono ordinari, alla base c’è un romanzo su com'è crescere dentro la borghesia d’inizio secolo. C’è una famiglia che si deve spostare a New York, non un’idea incredibile, ma con tanto senso di normalità. Minnelli, dopo Jacques Demy, credo sia il regista di musical che preferisco. Per come usa il colore, che nei suoi film è sempre un personaggio a parte, ma anche perché è un maestro del movimento, delle coreografie.



SPETTACOLO DI VARIETÀ (The Band Wagon, Vincente Minnelli, 1953)

L’idea fondamentale di un musical è quella che il ballo dovrebbe essere sempre inscindibile dal modo in cui il personaggio cammina, dal linguaggio del suo corpo. Qui delle persone diverse ballano in modi diversi e e non sei mai portato a credere che un coreografo sia arrivato dall’alto a creare un modello di danzata per tutti. Al centro c’è sempre il ballo, che permette a due persone di parlarsi tra loro anche se a parole non riescono. Tra Fred Astaire e Gene Kelly non so scegliere: il primo è più leggero e asciutto, Kelly più mascolino e atletico, ma si è sempre spinto in avanti rispetto a tutti. Ginger Rogers poi lo adoro, è l’anima dei film con Astaire, il motivo per cui sono così speciali. Il suo volto e quello che fa e trasmette è più spettacolare di Kelly e Astaire. Sicuramente Kelly e Stanley Donen insieme hanno dato il meglio, anche se pure dei film con Donen senza di lui mostravano una grandissima sensibilità nell’usare la macchina da presa. Nei musical l’aspetto magico è che il lavoro assurdo che c’è dietro non si vede: i 50 ciak, i piedi di Debbie Reynolds che sanguinavano in Singin’ in the Rain, per esempio.



LA LA LAND (Damien Chazelle, 2017)

Prima del mio film alcuni musical avevano funzionato ma erano tratti da show di Broadway, non erano originali. Difficile far accettare, agli studios, l'idea di fare un musical con della musica scritta dal mio coinquilino al college. Emma Stone era il mio sogno già quando scrivevo, erano i tempi di Easy Girl. Grazie a Whiplash sono riuscito a convincere Ryan Gosling ed Emma a correre questo rischio con me, dopotutto si conoscevo già e questo è stato d’aiuto. Non volevo fossero come Fred Astaire e Ginger Rogers, ma persone normali che ballavano. Come Jacques Demy, nei cui film si è imperfetti pur tentando di rifarsi a modelli hollywoodiani. Chicago e Dreamgirls, per citare due musical americani recenti, sono più da palco. Il problema è che quando fai il musical affronti un genere imbarazzante sia per gli attori che per il regista, di ritrovi nudo, devi sempre combattere il ridicolo. 



Biografia Chazelle: Festa del Cinema di Roma
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