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La potenza dell'immagine nel cinema di Stanley Kubrick

Stanley Kubrick, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare il cinema. Creatore di mondi su pellicola unici e irripetibili, Kubrick è colui che, probabilmente più di chiunque altro, attraverso la sua opera ci restituisce la sensazione di perfezione cinematografica assoluta. Ossessionato dalla composizione dell'inquadratura, il grande autore statunitense naturalizzato britannico ha fatto della maniacale cura formale il suo marchio di fabbrica.

«I film trattano di emozioni e rispecchiano la frammentarietà dell'esperienza. Quindi è fuorviante cercare di sintetizzare a parole il significato di un film». (Citato in The Hollywood War of Independence, Colin Young, 1959)


Attraverso la forza espressiva dell'immagine, Kubrick riesce a restituire la vertigine della visione come esperienza cinematografica totalizzante. E allora, perché non concentrarci sulla bellezza di alcuni dei fotogrammi più iconici della storia del cinema, per compiere un indimenticabile viaggio oltre l'infinito nella sua filmografia?

Il bacio dell'assassino (1955)


Già al suo secondo film, Kubrick, influenzato dal suo passato di fotografo metropolitano, dimostra una padronanza cinematografica non indifferente, confrontandosi con la tradizione del noir americano di quegli anni. Oltre all'importanza della linea narrativa, resa interessante più che altro dall'accurato uso del flashback, si inizia a percepire l'importanza della singola inquadratura, come risulta evidente nella celeberrima sequenza dell'inseguimento finale, che vede il protagonista "mimetizzarsi" in uno scantinato pieno di manichini.

Rapina a mano armata (1956)


Scandito da una voce narrante che detta perfettamente i tempi dell'azione, Rapina a mano armata, più che un “semplice” film di genere, è un'operazione dalla struttura narrativa sperimentale e innovativa, che dà vita a un complesso mosaico che frammenta e ricompone la vicenda secondo i diversi punti di vista dei personaggi. Un punto fermo del noir e, in particolare, del sottogenere caper movie o heist movie, ovvero il film interamente incentrato sull'esecuzione di un colpo, codificato dal Huston nell'altro capolavoro Giungla d'asfalto (1950). Sterling Hayden con maschera e fucile è entrato nell'immaginario comune, tanto da generare numerosi epigoni.

Spartacus (1960)


Film dalla genesi travagliata, Spartacus rappresenta l'incursione di Kubrick, chiamato a sostituire in corsa Anthony Mann alla regia, nel territorio del kolossal storico hollywoodiano. Nonostante non sia mai stata particolarmente amata dal suo stesso autore, che la vedeva come un lavoro poco personale, la pellicola è un trionfo di pathos e travolgente avventura, che segna una tappa significativa, all'interno delle mega produzioni dell'epoca, nell'uso del colore e nella ripresa delle scene di massa, grazie anche al contributo fondamentale del direttore della fotografia Russell Metty. E il finale, con Spartaco morente sulla croce che vede il figlioletto allontanarsi con la madre verso la libertà, è uno dei momenti più emozionanti di tutto il cinema kubrickiano.

Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964)


Commedia nera che demolisce in maniera grottesca e sarcastica l'ottusa follia del militarismo, il film è un fuoco di fila di trovate di sceneggiatura e di regia. In piena Guerra Fredda, Kubrick riflette sulla minaccia atomica e sulle sue aberrazioni a suon di dialoghi entrati nella storia e interpretazioni da manuale, facendo ricorso anche a una ricerca visiva davvero notevole. Come dimenticare l'immagine della mitica war room, ideata dal grande scenografo Ken Adam?

2001: Odissea nello spazio (1968)


L'alba dell'uomo, la "danza" della stazione orbitante sulle note del valzer Sul bel Danubio blu di Johann Strauss (figlio), Jupiter and Beyond the Infinite sono solo alcuni degli indimenticabili momenti di quello che si potrebbe definire il “film assoluto”, un inarrivabile saggio filosofico sui rapporti tra essere umano e tecnologia, sulla violenza come arma di sopravvivenza, sull'evoluzione dell'uomo e sulla presenza del divino. Concepita come un concerto audiovisivo, la pellicola è un capolavoro che segna una frattura nella storia del cinema, stabilendo un prima e un dopo della sua realizzazione. Ogni immagine di cui è costituito il film si impone come una suggestione visiva senza pari, ma l'apparizione del “bambino cosmico” nel finale rappresenta una delle vette della storia dell'arte del ventesimo secolo.

Arancia meccanica (1971)


Basterebbe soltanto la prima sequenza per capire la straordinaria portata narrativa ed espressiva di Arancia meccanica: dallo sguardo in primo piano di Alex, che si rivolge direttamente agli spettatori, la macchina da presa indietreggia per mostrarci la scenografia, pop e depravata, del Korova Milk Bar, mentre il protagonista introduce se stesso e i suoi compagni al pubblico. Viaggio nella follia della mente umana, saggio di fantascienza distopica dagli ampi risvolti sociologici, riflessione sulla violenza insita nell'uomo, sul libero arbitrio e sullo sguardo spettatoriale, il film è una pietra angolare del cinema degli anni '70, che turba e sconvolge ancora oggi, anche grazie alla incredibile potenza delle sue immagini.

Barry Lyndon (1975)


Confrontandosi con il dramma storico in costume, Kubrick segna una tappa fondamentale nella storia del cinema per quanto riguarda la composizione dell'immagine: il Barocco, il Settecento inglese e i più grandi paesaggisti romantici sono stati l'ispirazione principale per dare vita a un componimento pittorico in movimento, in cui letteralmente ogni fotogramma diventa un quadro dipinto su pellicola, grazie anche allo straordinario lavoro del direttore della fotografia, John Alcott, che si è servito solo di luce naturale per l'illuminazione degli ambienti. Non un'ombra di maniera, per quella che è un'opera di struggente e inestimabile bellezza.

Shining (1980)


I claustrofobici corridoi dell'Overlook Hotel riflettono la struttura del cervello umano, la graduale discesa nella follia del protagonista, che si trova sperduto in un labirinto di orrori, loop temporali e paranoie da cui non potrà più uscire. Non si tratta però di una semplice storia horror, ma di una lucida e inquietante rappresentazione della crisi della famiglia contemporanea, accompagnata da una rigorosa cura formale e da espressivi virtuosismi tecnici. La perfezione assoluta di Shining, angosciante e sublime viaggio negli abissi della mente umana che supera la pagina scritta di Stephen King, prende forma grazie a diversi i riferimenti filosofici (dalle teorie di Freud sul “perturbante”, l'unheimlich, a quelle di Nietzsche sull'“eterno ritorno”), artistici (le fotografie di Diane Arbus come modello per le gemelline) e cinematografici (la scena di Jack Nicholson che distrugge una porta con l'accetta è un omaggio a un momento de Il carretto fantasma, capolavoro del muto di Victor Sjӧstrӧm). Il tutto attraverso una serie di immagini entrate di diritto nell'immaginario collettivo, giocate su rigide e studiatissime simmetrie da incubo.

Full Metal Jacket (1987)


Mostrare la follia della guerra (del Vietnam, in particolare) non è certo una tematica nuova nel 1987. Con Full Metal Jacket, Kubrick riesce però a costruire una grande riflessione che va ben oltre l'immediatezza del tema toccato, posticipando l'azione sui campi di battaglia per focalizzarsi, inizialmente, sugli alienanti metodi d'addestramento, resi iconici dal sergente Hartman, interpretato da R. Lee Ermey, vero ex istruttore dei marine. Il regista priva i personaggi della propria identità (evidente in questo senso la scelta di utilizzare dei soprannomi), li trasforma in anonima carne da macello pronta a sfogare i propri istinti primordiali e, in seguito, a morire. Ed è proprio nell'agghiacciante e claustrofobica prima parte che si concentrano le immagini simbolo del film. Una delle opere più significative e feroci degli anni '80, oltre che di uno dei punti di non ritorno dell'intero genere bellico.

Eyes Wide Shut (1999)


Il testamento artistico di Kubrick è un film-indagine sul sesso, sui rapporti coniugali, sul confine tra tentazione e tradimento dall'andamento ipnotico e raggelante: a danzare insieme, in questo sublime balletto, sono l'amore e la morte, Eros e Thanatos, che arrivano a mescolarsi fino a scambiarsi i ruoli. Una summa delle ossessioni del cinema kubrickiano, che trova nell'incredibile cura formale un elemento di fascino senza precedenti. I rossi e blu si alternano con maestria, luce e ombra dialogano silenti, il Doppio sogno prende forma sullo schermo. Le sequenze da antologia non si contano, ma a rimanere impresso è lo strisciante senso di disagio che si sedimenta nel profondo dell'animo dello spettatore.

Davide Dubinelli

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