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What If? La relatività del tempo nel Marvel Cinematic Universe
«Follow me, and ponder the question…“What if...”?»
 

Tempo, multiverso, realtà alternative, destino: il percorso del Marvel Cinematic Universe, appena arricchito su Disney+ con la serie What if...? sembra delinearsi verso una direzione ben precisa: un’indagine sul tempo e sul suo valore. Tempo che diventa dunque dimensione principe con cui confrontarsi, con cui dover fare i conti in quanto capace di influenzare le decisioni, i passi compiuti: un tempo tiranno, da cui, a conti fatti, nessuno può sfuggire. Neanche l’Antico.

«Non sono pronto».
«Nessuno lo è. Noi non scegliamo il nostro tempo. La morte dà significato alla vita, sapere che i tuoi giorni termineranno, che il tuo tempo è breve. Pensi che dopo tutto questo tempo io sia pronta? Ma guardami... sto prolungando questo momento solo per poter guardare la neve».

 
Probabilmente la  sequenza più toccante di Doctor Strange, il film che in maniera più esplicita ha introdotto la tematica temporale nel Marvel Cinematic Universe. Tra i poteri dell’occhio di Agamotto, infatti, c’è la possibilità di viaggiare nel tempo e, come si vedrà nella battaglia contro Thanos, di poter visionare tutte le linee temporali alternative che riguardano il futuro. Non si tratta certo di una novità, in quanto lungo la storia della settima arte è un’argomento trattato in moltissimi film e da moltissimi registi (Robert Zemeckis e Christopher Nolan, ad esempio, che ne han fatto un vero e proprio leitmotiv della propria poetica), tuttavia è interessante notare come il cammino iniziato con Iron Man nel 2008 a distanza di 13 anni stia cercando nuovi stimoli per trovare un fil rouge su cui realizzare le opere successive. Il tempo che è legato inevitabilmente al concetto della morte, affrontata in Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, che han concluso la fase 3. Un legame introdotto con Doctor Strange, un film capace di declinare il tempo secondo diverse sfaccettature, tutte vive e capaci di regalare una riflessione: tempo perso, tempo per amare, tempo di star soli, tempo che sfugge, tempo salvifico. Tempo per fermarsi e osservare la neve, gustando il momento vissuto, come raramente si riesce a fare.

«Qui c’è qualcosa che non va, Wanda»

 
Piacevole sorpresa, WandaVision è un’interessante viaggio nell’elaborazione del lutto, un What If...? portato all’estremo dove Wanda non solo manipola il tempo, ma crea addirittura con le sue mani uno spazio e una dimensione personale in cui vivere il suo sogno d’amore, infranto dopo lo scontro con Thanos. Un viaggio che accompagna lo spettatore in diversi decenni di storia televisiva statunitense, vista la passione per la protagonista per le sit-com: fil rouge intrigante e visivamente straniante, almeno nelle prime battute, ma che resta coerente con il percorso intavolato dalla Marvel nel corso degli ultimi anni e che nelle produzioni più recenti sembra aver assunto il ruolo di primo piano. Il tempo in questo caso è un rifugio per Wanda, che trova nel passato (delle sit-com) e in un eterno presente una comfort zone dove poter essere felice: una dimensione senza conseguenze sulle scelte fatte, in cui tutto funziona alla perfezione perché è lei a controllarlo. Una dimensione utopica, destinata al fallimento, e alla sofferenza, benché si tratti della prima vera porta aperta per il futuro del Marvel Cinematic Universe.

«Sto solo suggerendo di prenderci un momento per pensarci su».

 
Se WandaVision aveva solo illuso lo spettatore di trovarsi di fronte ad un primo spiraglio di multiverso, con Loki si spalancano invece le porte per queste infinite possibilità della narrazione. Il tempo è nuovamente centrale, anzi, il dio dell’inganno corre addirittura il rischio di essere cancellato per sempre dalla Time Variance Authority (VCA), organizzazione che si occupa di mantenere l’ordine nelle linee temporali, eliminando le varianti ritenute pericolose e senza futuro, capaci di creare un paradosso. Ad osservare bene, il tempo è qui declinato come tiranno e vittima: per sua natura il tempo è qualcosa di cui si dispone per poter dar vita a infinite possibilità di scelta, ed è infatti un’organizzazione totalmente senza tempo e senza spazio ad arrogarsi il diritto di decidere quale delle varianti debba essere eliminata, senza dar possibilità di scelta. Scegliere, questo lo snodo centrale: la libertà, che in questo caso è un’escamotage per aprire al multiverso e, con esso, alle infinite possibilità che ogni decisione presa porta con sé.

«E se...?»



Ultimo tassello (per ora) che il MCU ha incasellato nella sua riflessione sul tempo, che in questo caso assume differenti sfaccettature. In particolare è l’idea di destino ad essere centrale in alcuni episodi (tra cui quello con protagonista Doctor Strange, probabilmente il migliore della serie), ponendo l’attenzione sul fatto che siano a tutti gli effetti le scelte che decidiamo di compiere ad influenzare il corso degli eventi, ma allo stesso tempo che tornando indietro e modificando quanto accaduto non vi sia la certezza di un epilogo migliore. Differente, senza dubbio, ma col rischio di essere catastrofico. Marvel gioca con Chronos, lo manipola, mostra le differenti possibilità future di eventi che noi credevamo di conoscere, lasciando quasi sempre una sensazione di amarezza nel finale. 



Cosa riserva il futuro? È ancora da scoprire. Certo è che il trailer di Spider-Man: No Way Home lascia ben sperare per un nuovo capitolo. Benvenuti nel multiverso, dove spazio e tempo sono misure relative della realtà, ma con le quali, forse, è meglio non scherzare troppo.

Lorenzo Bianchi

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