Avatar: Fuoco e Cenere
Avatar: Fire and Ash
Dove vederlo
In sala - Dal 17/12
Durata
192
Formato
Regista
In seguito alla devastante guerra contro la RDA e alla perdita del loro figlio maggiore, Jake Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana) affrontano una nuova minaccia: il Popolo della Cenere, una tribù violenta e assetata di potere, a cui si unisce il redivivo colonnello Quaritch (Stephen Lang). La famiglia di Jake dovrà nuovamente lottare per la propria sopravvivenza in un conflitto che rischia di mettere a repentaglio tutte le forme di vita su Pandora.
Dove eravamo rimasti? Girato in contemporanea al secondo capitolo, Avatar: Fuoco e cenere, terza parte della celeberrima saga creata, scritta e diretta da James Cameron, prosegue coerentemente la parabola narrativa tracciata in precedenza, concentrandosi questa volta sugli elementi naturali del fuoco e, di conseguenza, della cenere. Ed è proprio dalla cenere, intesa come traccia del dolore e della perdita con cui si era concluso Avatar: La via dell’acqua, che il film riparte. Il racconto si amplifica, le linee narrative si infittiscono, vengono introdotti nuovi personaggi ma non vengono trascurati anche i tanti spunti teorici introdotti sin dall’esordio del 2009: le riflessioni sull’immersività e sul concetto di sguardo – quel “Io ti vedo” che esprimeva la piena connessione con l’altro – vengono qui ripresi in modo ancora più approfondito, attraverso il costante ricorso a soggettive che ci immergono completamente nell’ecosistema di Pandora, culminando in una sequenza sperimentale dove viviamo in prima persona un vero e proprio trip allucinogeno. In ogni frammento, in ogni inquadratura, in ogni sequenza di Avatar riecheggia il mito e la potenza visiva di una delle più grandi epopee cinematografiche contemporanee; non è un caso, quindi, se sono presenti espliciti riferimenti a episodi biblici, tra cui una commovente sequenza che sembra riprendere iconograficamente il sacrificio di Isacco, contenuto nel libro della Genesi. D’altronde, Cameron rielabora il tema del rapporto tra genitori e figli, indagandolo ancora più a fondo rispetto al precedente capitolo, con le nuove generazioni che imparano a “trovare il proprio ritmo vitale”, affrancandosi forse definitivamente dall’alito protettivo dei genitori. Ciò che colpisce, però, è che dietro la costruzione di un impressionante impianto tecnologico e visivo – per il secondo e terzo capitolo della Saga sono stati sviluppati dei sistemi di ripresa in grado di catturare simultaneamente immagini sopra e sotto la superficie dell’acqua – emerge, come sempre, l’estrema semplicità con cui Cameron sviluppa una storia dal valore universale, mai retorica, mai banale, capace di parlare trasversalmente a tutti, nessuno escluso. Pur con qualche inevitabile passaggio meno incisivo (su più di tre ore e venti complessive), il regista americano riesce a dosare perfettamente il ritmo della narrazione, fino ad arrivare alla monumentale battaglia conclusiva e a una sequenza finale di profonda umanità. Un epilogo in grado di restituire, ancora una volta, una visione al tempo stesso originale e assolutamente coerente con il grande senso di solidarietà e comunione che contraddistingue la poetica di un autore visionario che continua a donare al cinema il suo inimitabile sguardo. Uno sguardo che in questo film sembra riflettersi, come quello dei tanti personaggi che si trovano a fronteggiare se stessi ancor prima dei loro nemici. Un ennesimo tassello di un mosaico audiovisivo di potenza assoluta qual è (quasi tutto) il cinema di James Cameron.