Nina (Elisabetta Cavallotti), attrice pornografica, rimette la sua vita in discussione quando scopre di avere un linfoma e abbandona il lavoro. Innamorata di Cristiana (Stefania Orsola Garello), con cui ha un rapporto tormentato, in ospedale si lega a Flavio (Flavio Insinna), malato terminale, il quale comincia a provare qualcosa per lei.

Davide Ferrario fa un passo verso il cinema d'autore, prendendo spunto dalla vita della star Moana Pozzi, ma lo fa nel peggior modo possibile. La trama drammatica e ospedaliera non si lega per nulla alla componente hard, tanto da dare l'impressione di vedere due opere diverse montate insieme per errore. Il fatto di eleggere a protagonista un'attrice porno diventa così un mero pretesto per poter inserire scene spinte (oltremodo squallide), così che la pellicola possa far parlare di sé. Retorica a fiumi (la catarsi di Nina, che acquisisce consapevolezza grazie ai drammi personali) e uno stile fintamente autoriale che riesce solo a risultare desolante (la mobilità della macchina da presa, il ritmo da videoclip): uno dei peggiori esempi di cinema contemporaneo, glaciale e pretestuoso. Imbarazzanti le interpretazioni della Cavallotti e di Insinna, che regalano una scena scult di sesso all'ospedale.
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