Batguano
Batguano
Durata
74
Formato
Regista
Nel Brasile del 2033 piagato da un’epidemia causata dal guano di pipistrello che ha ridotto l’umanità a una tragica “sospensione dell’Occidente”, Batman e Robin (Everaldo Pontes e Tavinho Teixeira), anziani e malandati, tirano a campare nella giungla. Guardano vecchi film e rimpiangono il passato, rispecchiando l’uno nell’altro il degrado reciproco: Batman ha perso un braccio e Robin si stordisce di coca e alcol.
Curioso pastiche citazionista che mette insieme Elephant Man di David Lynch (1980), mostrato alla TV, e l’immaginario porno-gay di Bruce Labruce e di Querelle de Brest (1982), Batguano è una delirante sperimentazione di cui è difficile tirare le fila. La caduta degli dei diventa così (forse) metafora di un Paese senza più punti di riferimento, che vaga alla ricerca dei fasti perduti e finisce per autocommiserarsi, tra vecchie fotografie e vestigia di un passato eroico che non tornerà. Impossibile dare un’interpretazione univoca a questo susseguirsi di momenti weird che non disdegna pesanti cadute nell’hard-core (l’inizio con Batman impegnato in un’esplicita fellatio a un misterioso figuro vestito da minotauro), in cui non mancano immagini forti (il padre nostro che l’uomo pipistrello recita al suo braccio mozzato) ma che non riesce mai a fugare l’impressione che si tratti di una macchinazione volta a ricercare lo scandalo a tutti i costi. Il regista, anche nei panni dello sfatto Robin, sembra spesso indeciso sulla direzione da prendere, orientandosi ora verso una patetica storia d’amore e dipendenza tra due uomini ormai sfioriti, ora verso una carrellata delirante di riferimenti pop-porno, ora all’intellettualismo che trova sfogo nella forzata e spesso posticcia voice-over. Un prodotto tanto impossibile da definire quanto difficile da fruire, così fine a se stesso da risultare pesante nonostante la breve durata (poco più di un’ora). Presentato in concorso al Sicilia Queer 2016.
Curioso pastiche citazionista che mette insieme Elephant Man di David Lynch (1980), mostrato alla TV, e l’immaginario porno-gay di Bruce Labruce e di Querelle de Brest (1982), Batguano è una delirante sperimentazione di cui è difficile tirare le fila. La caduta degli dei diventa così (forse) metafora di un Paese senza più punti di riferimento, che vaga alla ricerca dei fasti perduti e finisce per autocommiserarsi, tra vecchie fotografie e vestigia di un passato eroico che non tornerà. Impossibile dare un’interpretazione univoca a questo susseguirsi di momenti weird che non disdegna pesanti cadute nell’hard-core (l’inizio con Batman impegnato in un’esplicita fellatio a un misterioso figuro vestito da minotauro), in cui non mancano immagini forti (il padre nostro che l’uomo pipistrello recita al suo braccio mozzato) ma che non riesce mai a fugare l’impressione che si tratti di una macchinazione volta a ricercare lo scandalo a tutti i costi. Il regista, anche nei panni dello sfatto Robin, sembra spesso indeciso sulla direzione da prendere, orientandosi ora verso una patetica storia d’amore e dipendenza tra due uomini ormai sfioriti, ora verso una carrellata delirante di riferimenti pop-porno, ora all’intellettualismo che trova sfogo nella forzata e spesso posticcia voice-over. Un prodotto tanto impossibile da definire quanto difficile da fruire, così fine a se stesso da risultare pesante nonostante la breve durata (poco più di un’ora). Presentato in concorso al Sicilia Queer 2016.