Paola (Paola Cortellesi) è una maestra di scuola elementare con un segreto da nascondere: bella e giovane di giorno, di notte si trasforma nell'eterna e leggendaria Befana! A ridosso dell'Epifania, viene rapita da un misterioso produttore di giocattoli (Stefano Fresi): il suo nome è Mr. Johnny e ha un conto da saldare con Paola che, il 6 Gennaio di vent'anni prima, gli ha inavvertitamente rovinato l'infanzia...

Il cinema italiano delle feste natalizie si arricchisce di un nuovo personaggio: la vecchina con “le scarpe tutte rotte”, che porta dolciumi ai bambini nelle apposite calze, rivive in versione moderna ne La Befana vien di notte e ha il volto di Paola Cortellesi, alle prese con una doppia vita analoga a quella di una vera e propria supereroina, investita incredibilmente di un enorme potere e di altrettante responsabilità. La metamorfosi dell’attrice, che avviene esclusivamente nottetempo, è veicolata da un trucco prostetico di buon livello e i suoi voli a bordo della mitica scopa volante sono curati dal punto di vista visivo quanto basta per indurre la sospensione dell’incredulità nello spettatore. Il tono del film è fiabesco e mellifluo come si conviene, mentre il suo respiro appare purtroppo abbastanza limitato: l’operazione si rivolge quasi esclusivamente a un pubblico di bambini, con un abbondare di elementi stucchevoli e un arco narrativo che, attraverso lo stratagemma assai basico della prigionia della Befana, si allontana quasi immediatamente dal personaggio principale per orchestrare un teen movie in piena regola. Una cornice pre-adolescenziale che suona però come la copia carbone – è proprio il caso di dirlo – dei vari I Goonies (1985) e Gremlins (1984), con un esito molto derivativo, incolore e standardizzato rispetto a tali modelli americani degli anni ’80. Un tentativo sulla carta lodevole, quello dello sceneggiatore Nicola Guaglianone, anche perché il cinema italiano tende mediamente a frequentare poco produzioni ad altezza di bambino, ma il prodotto finale è esile e fuorviante (la Befana, di fatto, non è la vera protagonista) e schiacciato da punti di riferimento che ha senso fino a un certo punto replicare in tono minore, senza connotarli più di tanto con delle peculiarità nostrane. La Befana è senz’altro un archetipo della tradizione popolare del Belpaese, ma i ragazzini in bicicletta che le ronzano attorno sono troppo schematici, stereotipati e artificiali per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Interessante, in compenso, il lavoro sul villain fumettistico dall’infanzia traumatica interpretato in scioltezza da Stefano Fresi (Guaglianone aveva già dimostrato di saper lavorare benissimo su cattivi all’americana con lo Zingaro in Lo chiamavano Jeeg Robot), che però di tanto in tanto gira troppo a vuoto e tende anch’egli a monopolizzare impropriamente il film. Diretto da Michele Soavi, regista televisivo di mestiere con un passato ancorato al cinema di genere.
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