George Best (John Lynch), timido calciatore dotato di enorme talento, dal Nord Irlanda si trasferisce al Manchester United di Sir Matt Busby (Ian Bannen) per giocare a fianco di un mito come Bobby Charlton (Jerome Flynn). Arriverà a vincere il pallone d’oro prima di sprofondare negli eccessi con donne e alcool.



Riflettendo sul calcio attuale e sui cosiddetti bad boys, viene da sorridere se si pensa a chi era George Best, scomparso prematuramente nel 2005 per una cirrosi epatica dopo il secondo trapianto di fegato. “El Beatle”, tra i primi rivoluzionari a portare i capelli lunghi nel mondo del calcio, non è certo un personaggio semplice da raccontare; non a caso, il fallimento di Mary McGuckian è talmente evidente da far quasi rimpiangere la visione. Partendo dalla scelta sbagliata del protagonista (John Lynch, anche sceneggiatore), lontano anni luce dal rappresentare il carisma e la personalità di Best, il tutto riduce banalmente la vicenda a una classica parabola di successo e distruzione. Impresa notevole quella di rendere noiose una vita e una carriera simili: un prodotto scadente, di cui si ricordano solo le immagini di repertorio.
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