Buddies
Buddies
Durata
81
Formato
Regista
New York, 1985. In piena epidemia di AIDS, David (David Schachter), timido e riservato, sceglie di diventare un “buddy”, un volontario che visita e tiene compagnia a uomini malati. Gli verrà assegnato Robert (Geoff Edholm). Caratterialmente agli antipodi, i due riusciranno a stringere un sincero legame di amicizia.
Ultimo film, a bassissimo budget, di Arthur J. Bressan Jr., che morirà per complicazioni dovute all’AIDS due anni dopo l’uscita. È un grido d’aiuto e di denuncia questo Buddies, rabbioso eppure sussurrato, straziante a partire dai titoli di testa che riproducono liste di nomi di morti per l’epidemia, eppure mai indulgente nel dolore: la sofferenza e la malattia vengono affrontate con realismo documentaristico, ma senza perverso compiacimento. Il risultato è un film doloroso ma anche con un messaggio vitale e speranzoso, nonostante il regista fosse cosciente del disinteresse politico al riguardo. I due protagonisti sono quasi sempre soli in scena, spesso con primi e primissimi piani: nessun altro volto appare per tutta la durata del film e gli altri personaggi sono solo voci fuori campo, intravisti al massimo brevemente di spalle. Questo ci immerge nel senso di intimità crescente tra David e Robert, il cui apice è una lacerante, tenerissima scena di masturbazione. I dibattiti sulla comunità gay, vista e vissuta in maniera diametralmente opposta dai due, aggiungono spessore politico senza inutile retorica. Un film che sarebbe potuto essere importante ma che restò inascoltato: avrà miglior fortuna, quasi un decennio dopo, Philadelphia di Demme. Un dato curioso: le videocassette che David mostra a Robert nella stanza d’ospedale sono in realtà frammenti di precedenti opere di Bressan Jr., tra cui il documentario Gay USA (1977).
Ultimo film, a bassissimo budget, di Arthur J. Bressan Jr., che morirà per complicazioni dovute all’AIDS due anni dopo l’uscita. È un grido d’aiuto e di denuncia questo Buddies, rabbioso eppure sussurrato, straziante a partire dai titoli di testa che riproducono liste di nomi di morti per l’epidemia, eppure mai indulgente nel dolore: la sofferenza e la malattia vengono affrontate con realismo documentaristico, ma senza perverso compiacimento. Il risultato è un film doloroso ma anche con un messaggio vitale e speranzoso, nonostante il regista fosse cosciente del disinteresse politico al riguardo. I due protagonisti sono quasi sempre soli in scena, spesso con primi e primissimi piani: nessun altro volto appare per tutta la durata del film e gli altri personaggi sono solo voci fuori campo, intravisti al massimo brevemente di spalle. Questo ci immerge nel senso di intimità crescente tra David e Robert, il cui apice è una lacerante, tenerissima scena di masturbazione. I dibattiti sulla comunità gay, vista e vissuta in maniera diametralmente opposta dai due, aggiungono spessore politico senza inutile retorica. Un film che sarebbe potuto essere importante ma che restò inascoltato: avrà miglior fortuna, quasi un decennio dopo, Philadelphia di Demme. Un dato curioso: le videocassette che David mostra a Robert nella stanza d’ospedale sono in realtà frammenti di precedenti opere di Bressan Jr., tra cui il documentario Gay USA (1977).