Cinque ragazzi (Rider Strong, Jordan Ladd, James DeBello, Joey Kern, Cerina Vincent) decidono di trascorrere alcuni giorni di vacanza spensierata in un isolato cottage nel bosco. La situazione precipita quando, entrati in contatto con il vagabondo Henry (Arie Verveen), infettato da un virus mortale, saranno costretti a lottare per la propria sopravvivenza, mentre la malattia inizierà a devastare i loro corpi.

Splatter e violenza stemperati dall'ironia per l'esordio cinematografico di Eli Roth, partner in crime di Quentin Tarantino. Una sceneggiatura elementare (firmata dal regista con Randy Pearlstein), colma di cliché orrorifici (la casa isolata, i ragazzi sovraeccitati, una malattia letale portatrice di disfacimento corporeo, una comunità locale villica e ostile), con alleggerimenti da commedia adolescenziale. Scarsa originalità e personalità per una pellicola che cita apertamente (e senza rielaborazione) i nomi tutelari del genere (Sam Raimi e Tobe Hooper in particolare) e che si trascina fra trovate poco accattivanti e colpi di scena prevedibili. Opera prima acerba e inconsistente, in cui almeno gli effetti gore colpiscono nel segno: agli appassionati del genere basterà. Con un sequel, Cabin Fever 2 – Il contagio (2009) di Ti West, e un prequel, Cabin Fever: Patient Zero (2014) di Kaare Andrews. Colonna sonora di Nathan Barr e Angelo Badalamenti.
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