Hostel: Part II
Hostel: Part II
Durata
94
Formato
Regista
Beth (Lauren German), Whitney (Bijou Phillips) e Lorna (Heather Matarazzo), americane a Roma per motivi di studio, si fanno convincere dalla modella Axelle (Vera Jordanova) a visitare un centro termale in Slovacchia. Ma un gruppo di sadici toruratori è in agguato.
Più che un sequel, una sorta di remake fotocopia di Hostel (2005). Eli Roth, regista e sceneggiatore, dimostra di avere scarsa fantasia: cambia il sesso degli sventurati protagonisti (che diventano giovani donne, aumentando il disagio per una latente misoginia, presente in modo più sfumato anche nel primo capitolo), enfatizza il gusto tipicamente horror per la tipologia (la saggia, la disinibita, la bruttina) e spinge all'eccesso il pedale del gore, denotando una sgradevole propensione per la morbosità che arriva a nauseare. Deprimente, registicamente piatto e gratuitamente citazionista (il riferimento a La casa, diretto da Sam Raimi nel 1981, nella fuga di Beth tra i boschi; l'”omaggio” alla sanguinosa Erzsébet Báthory tramite la figura di una torturatrice): un'operazione superflua e irritante, che rimarca tristemente la vacuità di certo cinema contemporaneo. Camei di Edwige Fenech (l'insegnante d'arte), Luc Merenda (il finto poliziotto) e Ruggero Deodato (il cannibale). Musiche di Nathan Barr.
Più che un sequel, una sorta di remake fotocopia di Hostel (2005). Eli Roth, regista e sceneggiatore, dimostra di avere scarsa fantasia: cambia il sesso degli sventurati protagonisti (che diventano giovani donne, aumentando il disagio per una latente misoginia, presente in modo più sfumato anche nel primo capitolo), enfatizza il gusto tipicamente horror per la tipologia (la saggia, la disinibita, la bruttina) e spinge all'eccesso il pedale del gore, denotando una sgradevole propensione per la morbosità che arriva a nauseare. Deprimente, registicamente piatto e gratuitamente citazionista (il riferimento a La casa, diretto da Sam Raimi nel 1981, nella fuga di Beth tra i boschi; l'”omaggio” alla sanguinosa Erzsébet Báthory tramite la figura di una torturatrice): un'operazione superflua e irritante, che rimarca tristemente la vacuità di certo cinema contemporaneo. Camei di Edwige Fenech (l'insegnante d'arte), Luc Merenda (il finto poliziotto) e Ruggero Deodato (il cannibale). Musiche di Nathan Barr.