Irene Corsini (Romy Schneider), la Califfa, è la giovane vedova di un operaio ucciso a Parma durante uno scontro con le forze dell'ordine. Si ritrova a diventare amante proprio di quel potente industriale, Annibale Doberdò (Ugo Tognazzi), che è il padrone della fabbrica. Grazie a questo amore, Annibale inizia a cambiare atteggiamento verso i lavoratori e porre fine alle rivolte operaie, provocando forti reazioni nella cerchia dei colleghi industriali.

La Califfa (appellativo che in Emilia identifica donne autoritarie e spregiudicate) è la pellicola di esordio di Bevilacqua, tratta dal suo omonimo romanzo. Un dramma ormai anacronistico, che non brilla per originalità della trama, pregno oltretutto di simbolismi e di una retorica fuori tempo massimo. Lo script affronta tantissimi temi senza approfondirne nessuno, privilegiando la componente storico-sociale e lasciando le altre piste inconcluse e ingolfate. Anche il bel ritratto della protagonista femminile viene annacquato dalle tensioni e dalla dialettica industriali-operai, oltre che dalle mille categorizzazioni e sottodistinzioni di cui la pellicola è invasa. Nonostante gli evidenti limiti, due elementi colpiscono: la straordinaria prova dei due protagonisti, credibili e intensi, e la struggente colonna sonora di Ennio Morricone. Ma è tutto qui, o quasi.
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