Vincent (Patrick Bruel) sta per diventare padre per la prima volta. Nel corso di una cena, a casa di sua sorella (Valérie Benguigui) e di suo cognato (Charles Berling), rivela il nome del prossimo nascituro suscitando reazioni estreme e incontrollate.

Basato su una pièce teatrale, scritta dagli stessi registi e interpretata dai medesimi attori. Lo spunto è interessante, ma i limiti risiedono proprio in una confezione incapace di travalicare i limiti del palcoscenico e farsi forza di un nuovo respiro cinematografico. Un esempio di quel che si potrebbe definire “teatro filmato”, vittima di una sceneggiatura in netto calo nella seconda parte e di riflessioni importanti (il rapporto con un passato impossibile da dimenticare) che finiscono per essere banalizzate. La satira politica messa in campo è di valore, ma la riconciliazione conclusiva ha il sapore di un'edulcorazione eccessiva, prevedibile nonostante un continuo ricorso a presunti “colpi di scena”. Rifatto in Italia da Francesca Archibugi con Il nome del figlio (2015).
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