Tashi Duncan (Zendaya) è una promessa del tennis mondiale, che gioca a sedurre due tennisti amici tra loro, Art (Mike Faist) e Patrick (Josh O’Connor). Dopo un grave infortunio al ginocchio, però, Tashi deve abbandonare il campo e rimane nel mondo del tennis come allenatrice di suo marito, Art. Quest’ultimo, campione di fama mondiale e vincitore di vari tornei dello Slam, dopo alcune sconfitte inattese viene iscritto dalla moglie a un semplice Challengers, così da ritrovare la fiducia perduta. Il destino, però, vuole che a questo torneo sia iscritto anche Patrick, ex fidanzato di Tashi.

Due anni dopo il potente e simbolico Bones and All, Luca Guadagnino torna dietro la macchina da presa per un altro film che parla (anche) di adolescenza, di passioni sfrenate e di sfide spietate. Bastano i primi secondi per cogliere esattamente che tipo di operazione stiamo per vedere: due tennisti, ripresi in maniera fortemente enfatica al rallentatore, combattono sul campo mentre una ragazza li osserva: Tashi è una sorta di demiurgo generale, oggetto di desiderio e soggetto manipolatorio che muove i fili del rapporto tra i due amici-nemici, sviscerato dalla sceneggiatura di Justin Kuritzkes nelle varie temporalità in cui la vicenda è raccontata. Questo ménage à trois, in cui Guadagnino guarda in parte all’amato Bernardo Bertolucci di The Dreamers, è perfettamente rappresentato dal match finale del Challenger, una partita interrotta da continui flashback più o meno distanti nel tempo, che ci spiegano come si sono formati i rapporti tra i personaggi in scena. 
Guadagnino carica quasi ogni sequenza di effetti eccessivi che risultano in parte indigesti, ma il disegno complessivo rimane coerente con una visione generale che gioca tutte le sue carte su un altissimo tasso adrenalinico, sia sulla narrazione, sia su praticamente ogni scelta stilistica. Tra zoom e scelte tanto coraggiose quanto appariscenti, Guadagnino orchestra un appassionante concerto audiovisivo che, seppur con alcuni passaggi prevedibili, riesce a coinvolgere in maniera notevolissima dall’inizio alla fine. Il regista italiano, come dimostrato in grandi film come Chiamami col tuo nome e Suspiria, conferma il suo talento e il suo desiderio di rischiare e non adagiarsi mai sugli allori, tanto che non c’è alcuna sequenza banale all’interno della proiezione. Buona prova di tutto il cast, mentre una menzione davvero speciale va alla martellante colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross, capaci con le loro note di orchestrare al meglio gli scambi tra i giocatori in campo.
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