La morte del figlioletto, avvenuta a causa di un incidente d'auto, dilania il rapporto tra Becca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Eckhart), giovane coppia benestante. Entrambi cercano la propria catarsi: l'uomo tramite il desiderio di una relazione extraconiugale, Becca attraverso la conoscenza e il confronto con Jason (Miles Teller), alla guida il giorno della tragedia. 

Rabbit Hole, la tana del coniglio: il luogo dove rifugiarsi per resettare le conseguenze di una morte assurda e inaccettabile. John Cameron Mitchell mette in scena la pièce del Premio Pulitzer David Lindsay-Abaire (anche sceneggiatore) e analizza con estrema delicatezza l'elaborazione di un lutto, con annessi smascheramenti delle ipocrisie e delle contraddizioni tipicamente piccolo-borghesi. Funzionali, in tal senso, le caratterizzazioni dei due protagonisti, impegnati in percorsi individuali atti ad esaltarne (e, in un certo senso, a scardinarne) le psicologie: la macchina da presa si concentra sui volti e sulle reazioni, impegnata a stigmatizzare un cortocircuito emozionale quasi impossibile da rappresentare. E Mitchell, cauto e circospetto, funzionalizza in tal senso il proprio stile, evitando tonfi nella retorica più bieca. Ambizioso e indubbiamente coraggioso, anche se permeato da un'atmosfera celebrale e a tratti glaciale che non combina con la materia di base; strepitosi, in ogni caso, i protagonisti, con Nicole Kidman candidata a un Oscar come miglior attrice protagonista. Dianne Wiest è Nat, Sandra Oh è Gabby. Musiche di Anton Sanko.

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