
Lo chiamavano Jeeg Robot
Durata
112
Formato
Regista
Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un ladro di quart’ordine che si consola della miseria della sua vita sguazzando tra budini e filmati porno. Un giorno, ingoiando casualmente una poltiglia, si salva per miracolo dalla morte e si trasforma in Jeeg, un titano dalla forza sconsiderata. Sulla sua strada si mettono una fan sfegatata del cartone Jeeg Robot (Ilenia Pastorelli) e una banda criminale capeggiata dallo “Zingaro” (Luca Marinelli), eccentrico spacciatore ossessionato dalla fama e dal successo.
Incredibile ma vero: un film italiano con i supereroi riesce nell’impresa di non risultare stucchevole o derivativo, affrontando il genere di petto senza temere in partenza di uscirne con le ossa rotte e con tutta la sfrontatezza (non poca) richiesta da una sfida di tale portata. L’opera prima del regista Gabriele Mainetti, rifiutata negli anni da diversi produttori e realizzata anche grazie all’impegno del protagonista Claudio Santamaria, è un tripudio di toni sopra le righe e sfacciataggine, di innovazione e sano, robusto, eccessivo cinema di genere, un territorio che il cinema italiano ha da un bel po’ di tempo a questa parte confinato nel dimenticatoio: i tratti salienti e i passaggi obbligati del cinecomic ci sono tutti, dalla scoperta del potere al percorso di accettazione dello stesso, passando per una galleria consolidata di snodi e figure di contorno, e Mainetti non esita a mescolare pulp e film d’azione, fumetto e commedia, in un mix assolutamente non esente da difetti, talvolta anche macroscopici, che coinvolge però soltanto in parte. Al film si può lamentare soprattutto una scrittura rozza e discontinua, talvolta approssimativa ed eccessivamente di grana grossa che, se meglio dosata, avrebbe potuto dar luogo a un prodotto anche più riuscito (davvero troppi i 112 minuti di durata che, soprattutto sul finale, appaiono eccessivamente compiaciuti e sbrodolati). Ma Lo chiamavano Jeeg Robot, almeno a tratti, riesce ad andare oltre le sue lacune, lavorando in maniera spigliata sull’accumulo, e colpisce qua e là nel segno inanellando dialoghi cult e momenti esplosivi. Notevole è in particolare il sontuoso villain di Luca Marinelli, un’interpretazione da urlo nella quale il bravissimo attore romano mescola echi del Joker, toni apocalittici da supercattivo all’epoca dei social network e della viralità di massa e riferimenti a un immaginario glam incredibilmente tutto italiano: la scena in cui il suo personaggio canta Un’emozione da poco di Anna Oxa è da applausi. Trionfale ed entusiastica (anche troppo) accoglienza di pubblico alla Festa del Cinema di Roma nel 2015. Tra i sette David di Donatello vinti, spiccano quelli al miglior attore protagonista (Santamaria), alla miglior attrice protagonista (Pastorelli), al miglior attore non protagonista (Marinelli) e alla miglior attrice non protagonista (Truppo).
Incredibile ma vero: un film italiano con i supereroi riesce nell’impresa di non risultare stucchevole o derivativo, affrontando il genere di petto senza temere in partenza di uscirne con le ossa rotte e con tutta la sfrontatezza (non poca) richiesta da una sfida di tale portata. L’opera prima del regista Gabriele Mainetti, rifiutata negli anni da diversi produttori e realizzata anche grazie all’impegno del protagonista Claudio Santamaria, è un tripudio di toni sopra le righe e sfacciataggine, di innovazione e sano, robusto, eccessivo cinema di genere, un territorio che il cinema italiano ha da un bel po’ di tempo a questa parte confinato nel dimenticatoio: i tratti salienti e i passaggi obbligati del cinecomic ci sono tutti, dalla scoperta del potere al percorso di accettazione dello stesso, passando per una galleria consolidata di snodi e figure di contorno, e Mainetti non esita a mescolare pulp e film d’azione, fumetto e commedia, in un mix assolutamente non esente da difetti, talvolta anche macroscopici, che coinvolge però soltanto in parte. Al film si può lamentare soprattutto una scrittura rozza e discontinua, talvolta approssimativa ed eccessivamente di grana grossa che, se meglio dosata, avrebbe potuto dar luogo a un prodotto anche più riuscito (davvero troppi i 112 minuti di durata che, soprattutto sul finale, appaiono eccessivamente compiaciuti e sbrodolati). Ma Lo chiamavano Jeeg Robot, almeno a tratti, riesce ad andare oltre le sue lacune, lavorando in maniera spigliata sull’accumulo, e colpisce qua e là nel segno inanellando dialoghi cult e momenti esplosivi. Notevole è in particolare il sontuoso villain di Luca Marinelli, un’interpretazione da urlo nella quale il bravissimo attore romano mescola echi del Joker, toni apocalittici da supercattivo all’epoca dei social network e della viralità di massa e riferimenti a un immaginario glam incredibilmente tutto italiano: la scena in cui il suo personaggio canta Un’emozione da poco di Anna Oxa è da applausi. Trionfale ed entusiastica (anche troppo) accoglienza di pubblico alla Festa del Cinema di Roma nel 2015. Tra i sette David di Donatello vinti, spiccano quelli al miglior attore protagonista (Santamaria), alla miglior attrice protagonista (Pastorelli), al miglior attore non protagonista (Marinelli) e alla miglior attrice non protagonista (Truppo).