Diaries, Notes & Sketches, also known as Walden
Diaries, Notes & Sketches, also known as Walden
Durata
180
Formato
Regista
Gli anni ‘60 visti da Jonas Mekas: la famiglia, le manifestazioni politiche, l’ambiente intellettuale. Tutto raccontato da video casalinghi che il regista ha registrato instancabilmente.
Proprio mentre negli Stati Uniti si stava espandendo l’uso della forma letteraria della non-fiction (di cui Walden di Thoreau, più volte citato e omaggiato, fu antesignano) che comprende testi che si allontanano sia dall’impostazione saggistica che dalla tipica struttura del romanzo, Jonas Mekas dà vita a un progetto filmico che, allo stesso modo, non segue né la narrativa di finzione né i classici elementi documentaristici. È piuttosto un flusso di coscienza visivo, in cui per quasi tre ore il regista ci rende intimi partecipi della sua vita: lo spettatore diventa testimone della crescita delle piccole della famiglia, assiste ai matrimoni degli amici di Mekas, irrompe agli incontri con altri artisti da lui frequentati (da Carl Theodor Dreyer a Warhol, passando per Yoko Ono, John Lennon e Stan Brakhage). Con una regia frenetica e un montaggio forsennato, che generano un’atmosfera genuinamente ipnotica, Mekas riesce a trasportare il pubblico in situazioni emozionalmente coinvolgenti e in ambienti artisticamente vivacissimi. La sua voce fuori campo appare raramente —spesso semplicemente canticchiando— ma talvolta offre brevi, fondamentali spunti di riflessione sul senso del suo lavoro (“I make home videos, therefore I live. I live, therefore I make home videos”). L’impressione è di entrare nell’intimità di un’altra persona non in quanto morbosi voyeur, ma come ospiti sconosciuti eppure desiderati. La pellicola è divisa in sei rulli di mezz’ora circa ciascuno e ogni sezione si compone di elementi e situazioni molto vari: da passeggiate al parco in contemplazione della natura, a divertentissime disamine dello show business (la gita in New Jersey per mostrare alla troupe televisiva tedesca come lavorano i registi underground, ricca di canzonature esilaranti). Un lavoro sperimentale e radicale che miracolosamente evita qualsiasi caduta di vuota autoreferenzialità restando coerente con uno sguardo personale e poetico, che è il vero filo conduttore dell’intera opera.