Dragged Across Concrete

Dragged Across Concrete

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159

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Regista

Brett Ridegman (Mel Gibson) e Anthony Lurasetti (Vince Vaughn) sono due poliziotti sospesi dal servizio dopo che un video li ha immortalati e diffusi in rete mentre si accanivano con troppa brutalità su un arrestato. Le loro vite in frantumi, avare di soldi e piene di difficoltà, oltre che private del lavoro di una vita, li spingono a volersi fare giustizia da soli, nel tentativo di accaparrarsi un’illecita somma di denaro nella maniera più brutale e fuori legge possibile.

Il regista Craig S. Zahler, arrivato al suo terzo lungometraggio, firma una crime story fluviale e livida, ancorata a due protagonisti eccellenti: sotto le righe Vince Vaughn, dopo gli eccessi sanguinari e le botte da orbi di Cell Block 99 (2017) dello stesso autore, e altrettanto in parte Mel Gibson, che ha modo, dopo anni di controversie e ostracismo hollywoodiano legate alle sue insinuazioni razziste e antisemite, di confrontarsi con le sue ferite essenziali, pubbliche e private. Lo fa grazie a un personaggio incredibile, un giustiziere della notte sessantenne e sfatto, simbolo perfetto della classe media americana in disarmo: la scelta del regista australiano di averlo come interprete connota la sua prova di un inequivocabile e struggente valore testamentario per la sua icona, senz’altro straboccante rispetto ai confini stessi del film. Zahler dirige con maestria e perizia, senso lugubre delle atmosfere e buona padronanza dei propri mezzi, un film politico al tempo dell’America di Trump, tra minoranze e sperequazioni profonde, che scorre via secco e veloce come una mina impazzita nonostante le due ore e quaranta di durata (seppur in maniera dimessa e qua e là diseguale nell’efficacia della sceneggiatura, ma sempre in modo acuto sotto il profilo della messa a punto della violenza viscerale e dei corpi a corpo). Il titolo, tradotto alla lettera, vuol dire “trascinato sul cemento”, e così è anche Dragged Across Concrete: un film marchiato a fuoco negli umori sordidi e nerissimi della strada, un frammento impazzito di contemporaneità lacerata, un buddy cop-movie dell’anima incentrato sul rimosso, la suspense, l’ambiguità a due e forse anche a più facce. Dilatato, sfrontato e potente, al netto di tutti gli scompensi e di una durata forse eccessiva, ma sicuramente da ricordare per qualità e quantità delle immagini (pazzesca la fotografia plumbea), della scrittura e delle riflessioni intavolate (si veda il videogioco come terreno di caccia, senza regole e senza confini), qua e là di grana grossa e tagliate con l’accetta, ma sempre a segno nella sua elusiva e corrosiva ambiguità, che non rinuncia all’ironia e alla resa dei conti tragica. La bellissima colonna sonora dal sapore jazz è stata scritta ancora una volta dal regista, abilissimo anche come compositore. Presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia 2018.
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