È ricca, la sposo e l'ammazzo
A New Leaf
Durata
102
Formato
Regista
Henry (Walter Matthau) è uno scapolo viziato che ha dilapidato tutto il suo denaro. Per difendere il suo stato sociale e il suo stile di vita decide di sposare una donna ricca e sola per poter accedere al suo patrimonio e poi ucciderla. La scelta ricade sulla timida e goffa Henrietta (Elaine May).
Alla sua prima e più importante regia, Elaine May (già comica famosa negli Stati Uniti grazie al duo formato con Mike Nichols) adatta un racconto di Jack Ritchie, a metà tra commedia nera e pellicola romantica. A partire dai nomi speculari dei due protagonisti, si sviluppa una pellicola che sa giocare con impietosa scaltrezza con gli stereotipi relazionali («La sola differenza tra noi è che io sono un uomo e tu sei una donna, e questa non dovrebbe essere una difficoltà se stiamo ragionevolmente attenti»). Tanto Henry è spietato e anaffettivo, tanto Henrietta è impacciata e dolce, eppure riescono ad agire involontariamente un’influenza positiva sul partner, in grado di mettere in dubbio progetti e prospettive di entrambi. È in definitiva anche un film sul cambiamento (come suggerito dal titolo originale, adattato in maniera tristemente didascalica in italiano) e sulla forza che più di tutte, secondo la regista e sceneggiatrice, può renderlo possibile: l’amore, pure quando inconsapevole o totalmente ingenuo, e il tenero finale lo dimostra. I momenti esilaranti non si contano e non c’è neanche un minuto di stanca, grazie anche alle ottime interpretazioni: Matthau gigioneggia in grande stile e la sommessa May gli fa da magnifico contraltare. A buona ragione diventato un cult. Originariamente il film aveva un minutaggio decisamente più sostanzioso e fu rieditato, decurtando i passaggi più neri, senza il beneplacito della regista, il che altererà irrimediabilmente i suoi rapporti con Hollywood. Nonostante ciò (e per quanto possa essere intrigante sperare un giorno in una director’s cut) la pellicola funziona ugualmente senza intoppi. Due meritate candidature ai Golden Globes per film e attrice protagonista.
Alla sua prima e più importante regia, Elaine May (già comica famosa negli Stati Uniti grazie al duo formato con Mike Nichols) adatta un racconto di Jack Ritchie, a metà tra commedia nera e pellicola romantica. A partire dai nomi speculari dei due protagonisti, si sviluppa una pellicola che sa giocare con impietosa scaltrezza con gli stereotipi relazionali («La sola differenza tra noi è che io sono un uomo e tu sei una donna, e questa non dovrebbe essere una difficoltà se stiamo ragionevolmente attenti»). Tanto Henry è spietato e anaffettivo, tanto Henrietta è impacciata e dolce, eppure riescono ad agire involontariamente un’influenza positiva sul partner, in grado di mettere in dubbio progetti e prospettive di entrambi. È in definitiva anche un film sul cambiamento (come suggerito dal titolo originale, adattato in maniera tristemente didascalica in italiano) e sulla forza che più di tutte, secondo la regista e sceneggiatrice, può renderlo possibile: l’amore, pure quando inconsapevole o totalmente ingenuo, e il tenero finale lo dimostra. I momenti esilaranti non si contano e non c’è neanche un minuto di stanca, grazie anche alle ottime interpretazioni: Matthau gigioneggia in grande stile e la sommessa May gli fa da magnifico contraltare. A buona ragione diventato un cult. Originariamente il film aveva un minutaggio decisamente più sostanzioso e fu rieditato, decurtando i passaggi più neri, senza il beneplacito della regista, il che altererà irrimediabilmente i suoi rapporti con Hollywood. Nonostante ciò (e per quanto possa essere intrigante sperare un giorno in una director’s cut) la pellicola funziona ugualmente senza intoppi. Due meritate candidature ai Golden Globes per film e attrice protagonista.