An Inspector Calls
An Inspector Calls
Durata
80
Formato
Regista
La ricca famiglia Birling è riunita a cena per festeggiare un fidanzamento. L’allegria della serata è rovinata dall’arrivo dell’ispettore Poole (Alastair Sim), che sta indagando sul suicidio di una ragazza che avrebbe citato nel suo diario tutti i presenti.
Nella a dir poco altalenante carriera di Guy Hamilton, celebre soprattutto per la sua partecipazione alla saga di James Bond, trova spazio anche questo intenso dramma da camera tutto giocato sul senso di colpa (e la sua cinica assenza) della classe ricca nei confronti della popolazione più povera. Tratto da una famosissima pièce più volte adattata per piccolo e grande schermo a firma di J. B. Priestley, la collocazione temporale immediatamente antecedente alla Prima Guerra Mondiale non è certamente casuale: la denuncia a una società classista che in base ai propri capricci si approfitta della gente più umile è un dito puntato verso un Paese che di lì a poco userà le classi più basse come carne da macello. Comunque, non mancano le differenze rispetto all’originale e nella pellicola viene introdotto il personaggio di Eva (Jane Wenham), la donna a cui tutti gli altri personaggi sono legati, ma che nella pièce era una referente assente. La sua presenza nel film, attraverso vari flashback, dà ritmo e varietà alla base teatrale, e aumenta anche la portata empatica dello spettatore, pur evitando qualsivoglia tono patetico. Anche il finale enigmatico e quasi soprannaturale funziona perfettamente: non solo viene sottolineando la necessità di una messa in discussione anche personale e non forzata da agenti esterni, ma inoltre la lucida ipocrisia di certi personaggi viene messa alla berlina con ancora più ferocia. Tutto il cast è di gran classe e una nota di particolare merito va data a Alastair Sim, cui personaggio sa incalzare con garbo, eppure tenacemente, dimostrando di meritarsi uno spazio accanto a colleghi investigatori britannici di ben altra fama.
Nella a dir poco altalenante carriera di Guy Hamilton, celebre soprattutto per la sua partecipazione alla saga di James Bond, trova spazio anche questo intenso dramma da camera tutto giocato sul senso di colpa (e la sua cinica assenza) della classe ricca nei confronti della popolazione più povera. Tratto da una famosissima pièce più volte adattata per piccolo e grande schermo a firma di J. B. Priestley, la collocazione temporale immediatamente antecedente alla Prima Guerra Mondiale non è certamente casuale: la denuncia a una società classista che in base ai propri capricci si approfitta della gente più umile è un dito puntato verso un Paese che di lì a poco userà le classi più basse come carne da macello. Comunque, non mancano le differenze rispetto all’originale e nella pellicola viene introdotto il personaggio di Eva (Jane Wenham), la donna a cui tutti gli altri personaggi sono legati, ma che nella pièce era una referente assente. La sua presenza nel film, attraverso vari flashback, dà ritmo e varietà alla base teatrale, e aumenta anche la portata empatica dello spettatore, pur evitando qualsivoglia tono patetico. Anche il finale enigmatico e quasi soprannaturale funziona perfettamente: non solo viene sottolineando la necessità di una messa in discussione anche personale e non forzata da agenti esterni, ma inoltre la lucida ipocrisia di certi personaggi viene messa alla berlina con ancora più ferocia. Tutto il cast è di gran classe e una nota di particolare merito va data a Alastair Sim, cui personaggio sa incalzare con garbo, eppure tenacemente, dimostrando di meritarsi uno spazio accanto a colleghi investigatori britannici di ben altra fama.