Il funerale delle rose
Bara no soretsu
Durata
104
Formato
Regista
Nella Tokyo degli Anni Sessanta, il giovane Eddie (Peter) sperimenta con la propria transessualità, esprimendosi liberamente nella viva scena kinky e omosessuale della città, di cui è la giovane stella. Una faida amorosa con Leda (Osamu Osagawara), sua datrice di lavoro in un club per accompagnatori, per il compagno-amante Gonda si trasforma però in una “parata di morte” man mano che segreti del passato di Eddie vengono rivelati.
È un caso curioso, quello de Il funerale delle rose, primo film a rappresentare esplicitamente la vita della comunità queer di Tokyo sulla scala della grande distribuzione e divenuto in seguito titolo cult dell’underground nipponico. Modello d’ispirazione fondamentale per Arancia meccanica di Stanley Kubrick (si vedano i dettagli ricorrenti degli occhi), si tratta del lavoro che consacrò Matsumoto a una sorta di “Godard d’Oriente”, ma anche di una rivisitazione in chiave nipponica dell’Edipo Re sofocleo fatta di frazioni e rifrazioni: le sequenze di apertura stabiliscono senza alcun indugio la natura di una pellicola che ragiona per vivisezioni di trama e consapevolezza esposta del mezzo cinematografico, e che procede secondo un intreccio di flashback e motivi ricorrenti. Due uomini, anzi un uomo e una donna, si avvinghiano ad esempio in un amore che è gioco piuttosto che possesso, andando a comporre una scena madre di indubbio impatto: da lì si può solo scendere in una mise an abîme senza fallo, che accompagna il docu-reality all’avanguardia formale e formalista, accostando visioni di dreyeriana memoria a inserti metacinematografici scanditi dalla presenza di un collettivo di lavoro di cinema sperimentale. La geometrica a spirale si stringe un nodo alla volta, precipitando con malcelato garbo verso l’inevitabile risoluzione scatenante: circolarità, Erinni, destini (e relativi fili) stesi nel mondo come profezie. Eppure, allo stesso tempo, a dominare è sempre una combinatoria strutturale, che libera la sostanza della vicenda di Eddie da quegli stessi vincoli che il protagonista rifugge nella sua doppia identità maschile-femminile. Con queste premesse, Il funerale delle rose, pur con qualche eccessivo compiacimento e arzigogolo modaiolo di troppo, in gran parte relativo al clima culturale e sperimentale queer dell’epoca, guarda alla propria epoca storica lineare e progressiva attraverso la lente di una cultura altra, arcaica e circolare. Visto in Italia su Fuori Orario.
È un caso curioso, quello de Il funerale delle rose, primo film a rappresentare esplicitamente la vita della comunità queer di Tokyo sulla scala della grande distribuzione e divenuto in seguito titolo cult dell’underground nipponico. Modello d’ispirazione fondamentale per Arancia meccanica di Stanley Kubrick (si vedano i dettagli ricorrenti degli occhi), si tratta del lavoro che consacrò Matsumoto a una sorta di “Godard d’Oriente”, ma anche di una rivisitazione in chiave nipponica dell’Edipo Re sofocleo fatta di frazioni e rifrazioni: le sequenze di apertura stabiliscono senza alcun indugio la natura di una pellicola che ragiona per vivisezioni di trama e consapevolezza esposta del mezzo cinematografico, e che procede secondo un intreccio di flashback e motivi ricorrenti. Due uomini, anzi un uomo e una donna, si avvinghiano ad esempio in un amore che è gioco piuttosto che possesso, andando a comporre una scena madre di indubbio impatto: da lì si può solo scendere in una mise an abîme senza fallo, che accompagna il docu-reality all’avanguardia formale e formalista, accostando visioni di dreyeriana memoria a inserti metacinematografici scanditi dalla presenza di un collettivo di lavoro di cinema sperimentale. La geometrica a spirale si stringe un nodo alla volta, precipitando con malcelato garbo verso l’inevitabile risoluzione scatenante: circolarità, Erinni, destini (e relativi fili) stesi nel mondo come profezie. Eppure, allo stesso tempo, a dominare è sempre una combinatoria strutturale, che libera la sostanza della vicenda di Eddie da quegli stessi vincoli che il protagonista rifugge nella sua doppia identità maschile-femminile. Con queste premesse, Il funerale delle rose, pur con qualche eccessivo compiacimento e arzigogolo modaiolo di troppo, in gran parte relativo al clima culturale e sperimentale queer dell’epoca, guarda alla propria epoca storica lineare e progressiva attraverso la lente di una cultura altra, arcaica e circolare. Visto in Italia su Fuori Orario.