Nel nome del padre
Durata
109
Formato
Regista
Sfrontato e refrattario a ogni forma di regola e imposizione, Angelo Transeunti (Yves Beneyton) viene inviato, per volontà paterna, in un collegio retto dal rigore di Padre Corazza (Renato Scarpa). I princìpi religiosi e morali del prete vengono presto soppiantati dall'impetuoso e coinvolgente carisma del ragazzo, che fagociterà gli animi e le coscienze degli altri collegiali.
Fragorosa (anche se spesso un po' schematica) allegoria post-sessantottina, Nel nome del padre è un film volutamente di rottura: rottura dalle tradizioni e dai soffocanti retaggi del passato. Elementi che si incarnano alla perfezione nella resa cinematografica del carattere di Transeunti, allo stesso tempo ribelle irrequieto e angelo di salvezza: quanto durerà la sua rivoluzione? Partendo dai propri ricordi degli anni passati in collegio, Bellocchio costruisce un film cupo, barocco e fortemente metaforico, intimo e disturbante, complesso e affascinante. Il regista cerca di mettere in discussione dogmi e certezze di carattere universale partendo da un punto di vista particolare, ovvero quello di una istituzione formativa e pedagogica che presenta al suo interno tutte le contraddizioni irrisolte di un mondo intero. Uno sguardo satirico e pessimista che forse oggi vede la sua forza eversiva parecchio smorzata, ma rimane un'operazione interessante, appassionata e sincera. Splendide la fotografia di Franco Di Giacomo e le scenografie di Amedeo Fago. Nel 2011, in occasione della consegna del Leone d'Oro alla carriera, Bellocchio ha presentato alla Mostra di Venezia una versione restaurata del film, ridotta di circa 15 minuti.