Garpastum
Garpastum
Durata
116
Formato
Regista
Nella San Pietroburgo del 1914, due fratelli, Andrey (Evgeniy Pronin) e Nikolai (Danila Kozlovsky), sognano di dare una continuità alla loro passione per il calcio e di acquistare un campo da gioco. Devono però fatalmente fare i conti con il fantasma della Prima guerra mondiale, che cancellerà ogni loro speranza.
Uno spaccato sull'Unione Sovietica sviluppato dalla prospettiva di due fratelli e del loro sogno infranto: Aleksej German Jr. (figlio d'arte), alla sua opera seconda, realizza un'opera dal forte apparato estetico, girata con colori virati al seppia e precise scelte di campo. Un film corposo che lavora sull'astrazione e sulla metafora per restituire l'incanto violato di una speranza disattesa, pur non rinunciando a dedicare allo sport e alla sua viscerale condivisione la passione che esso merita. Un cinema dal sapore ancestrale e dal taglio sociale, girato con innegabile perizia, lavorando sulle atmosfere nebbiose e sulla scultorea fisicità dei corpi, all'interno di un sogno in apparenza irrealizzabile, castrato da un presente poco propenso a spalancare le porte dell'immaginazione. Peccato, però, per qualche eccessivo accomodamento sulle proprie idee di regia, che a tratti rendono la pellicola un po' meccanica e non proprio fluida. Basato su un libro curato dal mitico calciatore russo Nikolaj Starosin e dal fratello Andrei, coi quali i protagonisti del film condividono evidentemente i nomi, a mo' di omaggio. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Il titolo è la traslitterazione russa del latino harpastum (“palla da gioco”).
Uno spaccato sull'Unione Sovietica sviluppato dalla prospettiva di due fratelli e del loro sogno infranto: Aleksej German Jr. (figlio d'arte), alla sua opera seconda, realizza un'opera dal forte apparato estetico, girata con colori virati al seppia e precise scelte di campo. Un film corposo che lavora sull'astrazione e sulla metafora per restituire l'incanto violato di una speranza disattesa, pur non rinunciando a dedicare allo sport e alla sua viscerale condivisione la passione che esso merita. Un cinema dal sapore ancestrale e dal taglio sociale, girato con innegabile perizia, lavorando sulle atmosfere nebbiose e sulla scultorea fisicità dei corpi, all'interno di un sogno in apparenza irrealizzabile, castrato da un presente poco propenso a spalancare le porte dell'immaginazione. Peccato, però, per qualche eccessivo accomodamento sulle proprie idee di regia, che a tratti rendono la pellicola un po' meccanica e non proprio fluida. Basato su un libro curato dal mitico calciatore russo Nikolaj Starosin e dal fratello Andrei, coi quali i protagonisti del film condividono evidentemente i nomi, a mo' di omaggio. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Il titolo è la traslitterazione russa del latino harpastum (“palla da gioco”).