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Under Electric Clouds
Pod elektricheskimi oblakami
Durata
138
Formato
Regista
Un paesaggio innevato e immerso nella nebbia. Qui si muovono una serie di personaggi che passeggiano alla ricerca (forse) di una speranza che sembra non arrivare mai.
Si apre con una citazione di Paul Cezanne, Under Electric Clouds, film che fa dialogare il passato, il presente e il futuro della Russia. Siamo inizialmente nel 2017, non a caso un secolo dopo la storica Rivoluzione: le statue di Lenin ci sono ancora, decontestualizzate in un ambiente in cui si staglia lo scheletro di un grattacielo e quello di un cavallo metallico. Diviso in sette capitoli, ognuno (o quasi) incentrato su personaggi diversi, è un film sullo spazio e sul tempo: gli esseri umani (ridotti a semplice sfondo di un lungometraggio in cui a contare è la Storia della nazione di riferimento) li attraversano senza potersi mai fermare, vittime della crisi (morale o economica che sia, poco importa), dello sfruttamento o della speculazione. Aleksej German Jr. dimostra ancora una volta un notevole talento nel muovere la sua macchina da presa: sono continue le carrellate laterali, in cui i personaggi entrano ed escono dal quadro a proprio piacimento, alla maniera del cinema del padre (Aleksej German, autore di Khrustalyov, My Car! del 1999) scomparso nel 2013. Alcuni passaggi sono fin troppo intellettualoidi e l'attenzione rischia di compromettersi in una eccessivamente faticosa parte centrale, ma i messaggi lanciati dall'autore sono tutt'altro che banali e la sua regia è quasi ipnotica nel suo incedere lento e rigoroso. Grande respiro storico per un film dai toni (post?)apocalittici, dotato di una forza visiva impressionante e di un finale degno di nota.
Si apre con una citazione di Paul Cezanne, Under Electric Clouds, film che fa dialogare il passato, il presente e il futuro della Russia. Siamo inizialmente nel 2017, non a caso un secolo dopo la storica Rivoluzione: le statue di Lenin ci sono ancora, decontestualizzate in un ambiente in cui si staglia lo scheletro di un grattacielo e quello di un cavallo metallico. Diviso in sette capitoli, ognuno (o quasi) incentrato su personaggi diversi, è un film sullo spazio e sul tempo: gli esseri umani (ridotti a semplice sfondo di un lungometraggio in cui a contare è la Storia della nazione di riferimento) li attraversano senza potersi mai fermare, vittime della crisi (morale o economica che sia, poco importa), dello sfruttamento o della speculazione. Aleksej German Jr. dimostra ancora una volta un notevole talento nel muovere la sua macchina da presa: sono continue le carrellate laterali, in cui i personaggi entrano ed escono dal quadro a proprio piacimento, alla maniera del cinema del padre (Aleksej German, autore di Khrustalyov, My Car! del 1999) scomparso nel 2013. Alcuni passaggi sono fin troppo intellettualoidi e l'attenzione rischia di compromettersi in una eccessivamente faticosa parte centrale, ma i messaggi lanciati dall'autore sono tutt'altro che banali e la sua regia è quasi ipnotica nel suo incedere lento e rigoroso. Grande respiro storico per un film dai toni (post?)apocalittici, dotato di una forza visiva impressionante e di un finale degno di nota.
