Ghostbusters - Minaccia glaciale
Ghostbusters: Frozen Empire
Durata
115
Formato
Regista
La famiglia Spengler è tornata a New York, dove ha deciso di stabilirsi nella vecchia caserma dei pompieri in cui vivevano gli Acchiappafantasmi, decisi a raccoglierne l’eredità: Ray e Winston svelano loro che hanno creato una nuova tecnologia per catturare gli spiriti e separarli dagli oggetti posseduti, liberandoli. Nel frattempo, una minaccia incombe sulla Grande Mela: vecchi e nuovi Ghostbusters devono collaborare per salvare il pianeta da una nuova glaciazione.
A distanza di tre anni da Ghostbusters: Legacy, con cui Jason Reitman aveva reso omaggio alla più celebre opera paterna, il regista lascia il posto a Gil Kenan (co-scenaggiatore del precedente), occupandosi solo della sceneggiatura. Il risultato è perfettamente coerente con quanto mostrato nel 2021: infatti anche in questo caso il desiderio di giocare con gli spettatori e con la loro nostalgia è sicuramente uno degli ingredienti principali, a partire dalla celeberrima Hook & Ladder 8, la caserma dei pompieri teatro delle avventure dei film di Ivan Reitman. Non solo, perché tornano anche altri personaggi dal passato, otre che diversi luoghi divenuti iconici: da questo punto di vista è evidente il desiderio di Jason Reitman di rendere omaggio al padre (cui è dedicato il film) e allo stesso tempo di rifugiarsi in una comfort zone capace di garantire un buon risultato senza rischiare troppo. Purtroppo però questo è anche il difetto maggiore di Ghostbusters – Minaccia glaciale: non ci sono autentici guizzi, non sono presenti elementi realmente innovativi che possano rimanere indelebili nella memoria, ed è come se ci si fosse accontentati di dare ai fan ciò che desiderano, senza aggiungere nulla di nuovo. O meglio, gli spunti ci sarebbero – ad esempio, è abbozzato un discorso di domanda su cosa significhi essere un fantasma o su come sia la vita dopo la morte, ma anche sul significato di genitorialità o sulla vecchiaia – però purtroppo sono elementi che rimangono in sospeso, incompleti. E se il villain è realmente convincente, la conclusione risulta probabilmente troppo sbrigativa e senza il pathos necessario che ci si aspetterebbe. Il cambio di regia sicuramente non ha giovato, anche se a conti fatti si tratta di un capitolo godibile, dotato di buon ritmo, in cui si respira ancora molto l’atmosfera di Stranger Things e nel quale non mancano nuovi omaggi a Stephen King (Shining e Christine i più evidenti): il cambiamento in atto è evidente, potrebbe anche funzionare, ma forse l’eredità del passato è troppo ingombrante per poterne fare a meno.
A distanza di tre anni da Ghostbusters: Legacy, con cui Jason Reitman aveva reso omaggio alla più celebre opera paterna, il regista lascia il posto a Gil Kenan (co-scenaggiatore del precedente), occupandosi solo della sceneggiatura. Il risultato è perfettamente coerente con quanto mostrato nel 2021: infatti anche in questo caso il desiderio di giocare con gli spettatori e con la loro nostalgia è sicuramente uno degli ingredienti principali, a partire dalla celeberrima Hook & Ladder 8, la caserma dei pompieri teatro delle avventure dei film di Ivan Reitman. Non solo, perché tornano anche altri personaggi dal passato, otre che diversi luoghi divenuti iconici: da questo punto di vista è evidente il desiderio di Jason Reitman di rendere omaggio al padre (cui è dedicato il film) e allo stesso tempo di rifugiarsi in una comfort zone capace di garantire un buon risultato senza rischiare troppo. Purtroppo però questo è anche il difetto maggiore di Ghostbusters – Minaccia glaciale: non ci sono autentici guizzi, non sono presenti elementi realmente innovativi che possano rimanere indelebili nella memoria, ed è come se ci si fosse accontentati di dare ai fan ciò che desiderano, senza aggiungere nulla di nuovo. O meglio, gli spunti ci sarebbero – ad esempio, è abbozzato un discorso di domanda su cosa significhi essere un fantasma o su come sia la vita dopo la morte, ma anche sul significato di genitorialità o sulla vecchiaia – però purtroppo sono elementi che rimangono in sospeso, incompleti. E se il villain è realmente convincente, la conclusione risulta probabilmente troppo sbrigativa e senza il pathos necessario che ci si aspetterebbe. Il cambio di regia sicuramente non ha giovato, anche se a conti fatti si tratta di un capitolo godibile, dotato di buon ritmo, in cui si respira ancora molto l’atmosfera di Stranger Things e nel quale non mancano nuovi omaggi a Stephen King (Shining e Christine i più evidenti): il cambiamento in atto è evidente, potrebbe anche funzionare, ma forse l’eredità del passato è troppo ingombrante per poterne fare a meno.