Black Sunday
Black Sunday
Durata
143
Formato
Regista
1976. Dahlia (Marthe Keller), terrorista palestinese, progetta un attentato ai danni degli Stati Uniti, alleati a Israele: con l'aiuto dell'ex pilota Michael J. Lander (Bruce Dern), tenta di far esplodere un dirigibile pubblicitario durante il Super Bowl, mirando a causare la morte di 80.000 persone. Non tutto andrà secondo i piani.
Dall'omonimo romanzo di Thomas Harris (adattato da Ernest Lehman, Kenneth Ross e Ivan Moffat), un action-thriller a sfondo fantapolitico (anche se le derive terroristiche sarebbero diventate decisamente reali nel corso degli anni a seguire) diretto da John Frankenheimer. Ritmo serrato, adrenalina, tensione strisciante e tecnica da manuale: la regia si dimostra capace di superare i cliché connaturati al genere, approfondendo le caratterizzazioni (interessante, a livello psicologico, il tratteggio di Lander, magistralmente interpretato da Bruce Dern) e delineando un climax a tratti insostenibile, fino al memorabile finale. Frankenheimer sa padroneggiare la tecnica, e si vede; anche se, a livello strutturale, c'è qualche incoerenza di troppo (eccessiva la quantità di registri, giustapposti e mai realmente equilibrati), aggravata da una prolissità che appesantisce la visione. In ogni caso, a tratti davvero trascinante. Robert Shaw è Kabakov. Musiche di John Williams, fotografia di John A. Alonzo.
Dall'omonimo romanzo di Thomas Harris (adattato da Ernest Lehman, Kenneth Ross e Ivan Moffat), un action-thriller a sfondo fantapolitico (anche se le derive terroristiche sarebbero diventate decisamente reali nel corso degli anni a seguire) diretto da John Frankenheimer. Ritmo serrato, adrenalina, tensione strisciante e tecnica da manuale: la regia si dimostra capace di superare i cliché connaturati al genere, approfondendo le caratterizzazioni (interessante, a livello psicologico, il tratteggio di Lander, magistralmente interpretato da Bruce Dern) e delineando un climax a tratti insostenibile, fino al memorabile finale. Frankenheimer sa padroneggiare la tecnica, e si vede; anche se, a livello strutturale, c'è qualche incoerenza di troppo (eccessiva la quantità di registri, giustapposti e mai realmente equilibrati), aggravata da una prolissità che appesantisce la visione. In ogni caso, a tratti davvero trascinante. Robert Shaw è Kabakov. Musiche di John Williams, fotografia di John A. Alonzo.