A Pozzuoli si consuma la tragedia della famiglia Gioia, smembrata da contrasti interni e costretta a mesti spostamenti a causa delle continue scosse telluriche. Parallelamente, il presente si confonde con il passato attraverso la rievocazione di personaggi storici quali Agrippina (Angelica Ippolito), Nerone (Sebastiano Colla) e la Sibilla Cumana (Olimpia Carlisi).

Caso più unico che raro nel panorama cinematografico nazionale, sorta di impasto tra generi (attitudine documentaristica, indagine storica, dramma realista) in cui il regista Giuseppe M. Gaudino, anche sceneggiatore con Heidrun Schleef e Isabella Sandri, dà sfogo al viscerale amore per la propria terra, decantandone le origini nobili e denunciando lo squallore di una quotidianità che riflette comunque, nonostante abusi e soprusi, un'aura di stoica fierezza. Gli intenti metaforici (l'incontro tra antico e moderno) dominano una narrazione antilineare, in cui a emergere prepotente è il personalissimo stile autoriale, veicolato dalla manipolazione dell'immagine (sovrimpressioni, accelerazioni, ralenti), dal ritmo a tratti furioso (la mobilità quasi frenetica della macchina da presa) e da sorprendenti dilatazioni temporali. Arduo rimanere impassibili di fronte ai volti scavati dei personaggi e all'estrema innovazione che innerva l'opera; anche se gli eccessivi e continui simbolismi, uniti alla frammentazione strutturale, rischiano la maniera e rendono la visione a dir poco probante. In ogni caso, da riscoprire. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
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