La piccola Heidi (Anuk Steffen), orfana di entrambi i genitori, vive con l’amato nonno (Bruno Ganz) in una baita sulle Alpi svizzere, dove trascorre giornate spensierate in compagnia del pastorello Peter (Quirin Agrippi). Quando la zia (Anna Schinz) decide di portarla a Francoforte con sé per donarle un’istruzione scolastica, per la bambina abituata alla libertà della natura inizia un periodo difficile, parzialmente addolcito dall’incontro con Klara (Isabelle Ottmann), una ragazzina paralitica.

Dal fortunatissimo romanzo di Johanna Spyri del 1880 sono state tratte numerose trasposizioni, di cui la più celebre è sicuramente quella dell’anime giapponese, curato anche da Hayao Miyazaki ed entrato nell’immaginario collettivo. Con un’operazione simile a quella già vista per Belle e Sebastien, l’anime di culto viene trasformato in un lungometraggio molto più fedele al testo letterario di origine: target primario sono, probabilmente, gli ex-bambini che furono fan della serie animata. Come onesto prodotto per famiglie è abbastanza centrato, filologicamente corretto e ricco di paesaggi mozzafiato: certo, un po’ di mordente e qualche trovata registica in più non avrebbero guastato, ma si tratta pur sempre di una storia di formazione già intrisa di retorica lacrimevole alle origini. Alza l’asticella il contributo di Bruno Ganz nei panni del burbero nonno dal cuore d’oro, ma il rischio è che piaccia più ai quarantenni nostalgici che ai bambini di oggi, molto più smaliziati e abituati a svolte avventurose e rocambolesche.
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