17 cortometraggi girati durante l’isolamento per il Coronavirus da altrettanti autori che hanno cercato di raccontare a loro modo il lockdown.

È un progetto indubbiamente curioso questo Homemade, distribuito direttamente su Netflix e pensato come un tentativo di iniziare a ragionare, con uno sguardo in presa diretta, sul trauma del Covid e dell’isolamento. Una vera e propria raccolta di cortometraggi (della durata tra i sei e i dieci minuti) che ha impegnato diversi artisti durante il periodo di lockdown: l'unica regola per i registi era l'utilizzo di oggetti e attrezzature trovate nelle proprie abitazioni, in modo da poter dare uno sguardo più vicino al loro luogo di lavoro in un momento così delicato. In proposito Larraín, deus ex machina dell’operazione insieme al fratello Juan de Dios Larraín con la loro casa di produzione, Fabula, e a Lorenzo Mieli di The Apartment, ha dichiarato che si tratta di «un messaggio sulle avversità e di come, pur provenendo da diverse culture e da diversi paesi, tutta l'umanità si sia trovata a sperimentare la stessa esperienza, anche se in maniera differente». Come in molti progetti collettivi di questo tipo, la qualità e la coesione da un cortometraggio all’altro sono piuttosto altalenanti e il risultato è un film (o una piccola serie, se preferite) piuttosto slegato, seppur incorniciato da due cortometraggi (firmati da Ladj Ly e da Ana Lily Amirpour) entrambi girati con i droni, così da avere un inizio-fine certamente coerente. Il progetto nel suo complesso è un’occasione in parte sprecata, perché rivela una certa piattezza e una scarsa inventiva, con alcuni lavori decisamente al di sotto della sufficiente: svettano negativamente le opere di Naomi Kawase, supponente e inconcludente, Nadine Labaki insieme al marito Khaled Mouzanar, artefici di un corto retorico e più che mai ricattatorio, e Antonio Campos, che firma un corto sulla paranoia che finisce soltanto per risultare imbarazzante. Se molti altri aleggiano su un esito decisamente mediocre (da Kristen Stewart a Sebástian Lelio), ci sono però tre lavori da segnalare positivamente e che alzano le sorti del progetto complessivo: l’emozionante Vermont di Maggie Gyllenhaal, il surreale e geniale Voyage au bout de nuit di Paolo Sorrentino e, probabilmente il migliore di tutti, il divertente e cinico Last Call di Pablo Larraín.

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