Vita Smeralda
Durata
93
Formato
Regista
Tre ragazze (Eleonora Pedron, Francesca Cavallin e Benedetta Valanzano), in vacanza con i fidanzati in Sardegna, abbandonano campeggio e giovanotti per sperimentare la bella vita di Porto Cervo. Ma tra sogno e realtà ci sono molte differenze.
Ridicolo tentativo da parte di Jerry Calà (che purtroppo compare anche come attore interpretando se stesso) di restituire la spensieratezza anni Ottanta di commedie indubbiamente frivole ma di grande successo come Sapore di mare (1982) adattandola agli anni Duemila. Il risultato, inqualificabile, è un apologo di squallido moralismo (le ragazze, abbagliate dallo splendore della ricchezza, saranno deluse e derise, trovando consolazione solo nel vero amore di poveretti come loro), con battute di rara volgarità che vanno dal razzismo da Trentennio Fascista (il venditore ambulante di colore che, riferendosi alle sue molte attività, commenta: «i giorno vu cumprà, di sera vù mangià, di notte vu pensà»), al sessismo più bieco fino alla pura, insensata, demenza. L'ego straripante di Calà emerge vergognosamente nella scena in cui si rappresenta acclamato da un traghetto carico di turisti. Non si contano le comparsate “illustri” appartenenti al jet set da tabloid: dai tronisti Costantino e Daniele a Lele Mora, dall'ex “Gatto” Umberto Smaila ai calciatori del reality Campioni – Il sogno, dalla valletta Elena Santarelli a Flavio Briatore, fino a un'allucinata e allucinante Lory Del Santo. L'unica cosa che si salva è l'apparizione (l'ultima sullo schermo prima della scomparsa) del sempre pregevole Guido “Dogui” Nicheli nei panni del capitano della barca. Regia pietosa nei suoi tentativi di mostrare guizzi (le telecamere di sicurezza, gli incomprensibili stacchi accelerati) e product placement indignitoso.
Ridicolo tentativo da parte di Jerry Calà (che purtroppo compare anche come attore interpretando se stesso) di restituire la spensieratezza anni Ottanta di commedie indubbiamente frivole ma di grande successo come Sapore di mare (1982) adattandola agli anni Duemila. Il risultato, inqualificabile, è un apologo di squallido moralismo (le ragazze, abbagliate dallo splendore della ricchezza, saranno deluse e derise, trovando consolazione solo nel vero amore di poveretti come loro), con battute di rara volgarità che vanno dal razzismo da Trentennio Fascista (il venditore ambulante di colore che, riferendosi alle sue molte attività, commenta: «i giorno vu cumprà, di sera vù mangià, di notte vu pensà»), al sessismo più bieco fino alla pura, insensata, demenza. L'ego straripante di Calà emerge vergognosamente nella scena in cui si rappresenta acclamato da un traghetto carico di turisti. Non si contano le comparsate “illustri” appartenenti al jet set da tabloid: dai tronisti Costantino e Daniele a Lele Mora, dall'ex “Gatto” Umberto Smaila ai calciatori del reality Campioni – Il sogno, dalla valletta Elena Santarelli a Flavio Briatore, fino a un'allucinata e allucinante Lory Del Santo. L'unica cosa che si salva è l'apparizione (l'ultima sullo schermo prima della scomparsa) del sempre pregevole Guido “Dogui” Nicheli nei panni del capitano della barca. Regia pietosa nei suoi tentativi di mostrare guizzi (le telecamere di sicurezza, gli incomprensibili stacchi accelerati) e product placement indignitoso.