Il mio amico in fondo al mare
My Octopus Teacher
Durata
85
Formato
Regista
Nelle acque della costa sudafricana, prende vita una delle storie di amicizia più bizzarre che si possano immaginare, quella fra il filmmaker Craig Foster e un esemplare femmina di polpo. Le suggestive immagini subacquee dell’Oceano Atlantico fanno da cornice a un rapporto di reciproco scambio e di mutua scoperta, davanti al quale è difficile rimanere indifferenti.
C’è molto del cinema di Steven Spielberg nel documentario diretto da Pippa Ehrlich e James Reed, a partire dal viaggio di (ri)scoperta di se stessi in un’avventura al limite del fantastico, passando per il rapporto fra un essere umano e un’altra forma di vita, lontana da lui solo per la conformazione fisica, fino ad arrivare a un abbraccio sottomarino fra polpo e uomo che richiama alla mente le struggenti sequenze finali di E.T. l’extra-terrestre. In profonda crisi interiore e professionale, attraverso l’immersione nelle acque profonde Craig Foster si riconnette e ci riconnette con i sentimenti più intimi e puri, lasciandosi guidare da un silenzioso ma quantomai espressivo polpo fra i misteri dei fondali marini. In bilico fra documentario e avventura, Il mio amico in fondo al mare scopre con il passare dei minuti la sua essenza da buddy movie, di cui rispetta tutte le tappe: l’avvicinamento di due figure apparentemente incompatibili sotto ogni punto di vista, le spensierate avventure subacquee (esaltate dalla pregevole fotografia di Roger Horrocks), i pericoli e l’ineluttabile distacco. Commentato dall’appassionata voce narrante dello stesso Foster, il rapporto fra il protagonista e il suo tentacolato amico è avvincente, appagante, totalizzante, ma rischia di prevaricare tutto il resto, a partire dalla questione ambientale, solamente accennata attraverso la fondazione di Sea Change Project, scaturita proprio da questa esperienza. Il mio amico in fondo al mare ha richiesto un anno di riprese e ben dieci per la sua realizzazione prima di arrivare direttamente su Netflix.
C’è molto del cinema di Steven Spielberg nel documentario diretto da Pippa Ehrlich e James Reed, a partire dal viaggio di (ri)scoperta di se stessi in un’avventura al limite del fantastico, passando per il rapporto fra un essere umano e un’altra forma di vita, lontana da lui solo per la conformazione fisica, fino ad arrivare a un abbraccio sottomarino fra polpo e uomo che richiama alla mente le struggenti sequenze finali di E.T. l’extra-terrestre. In profonda crisi interiore e professionale, attraverso l’immersione nelle acque profonde Craig Foster si riconnette e ci riconnette con i sentimenti più intimi e puri, lasciandosi guidare da un silenzioso ma quantomai espressivo polpo fra i misteri dei fondali marini. In bilico fra documentario e avventura, Il mio amico in fondo al mare scopre con il passare dei minuti la sua essenza da buddy movie, di cui rispetta tutte le tappe: l’avvicinamento di due figure apparentemente incompatibili sotto ogni punto di vista, le spensierate avventure subacquee (esaltate dalla pregevole fotografia di Roger Horrocks), i pericoli e l’ineluttabile distacco. Commentato dall’appassionata voce narrante dello stesso Foster, il rapporto fra il protagonista e il suo tentacolato amico è avvincente, appagante, totalizzante, ma rischia di prevaricare tutto il resto, a partire dalla questione ambientale, solamente accennata attraverso la fondazione di Sea Change Project, scaturita proprio da questa esperienza. Il mio amico in fondo al mare ha richiesto un anno di riprese e ben dieci per la sua realizzazione prima di arrivare direttamente su Netflix.