Il principe dimenticato
Le prince oublié
Durata
101
Formato
Regista
Di giorno Djibi (Omar Sy) è il modesto guardiano di un parcheggio, di notte è l'eroe senza paura di un altrove incantato. Vedovo e padre di Sofia (Sarah Gaye), inventa per lei castelli, fate e draghi. Ogni sera rispolvera il mantello e diventa il suo principe. Ma il tempo passa e Sofia preferisce sognare di Max, il suo biondissimo compagno di scuola. Crescere per lei è l'avventura più grande, per Djibi una violazione alle regole. A svegliarlo ci penserà Clotilde (Bérénice Bejo), una vicina di casa un po' matta, un po' fata.
Commedia dalle venature un po’ fantasy e un po’ family, Il principe dimenticato è un esempio di maldestro tentativo tanto di cinema per l’infanzia quanto di feel good movie, all’insegna di buoni sentimenti e situazioni rassicuranti, che vorrebbe parlare di crescita e di evoluzione dei rapporti umani lasciando intravedere il richiamo della realtà dietro le sembianze colorate di un mondo incantato. L’intersezione tra i due poli della narrazione, uno più concreto e l’altro più immaginifico, è però mal dosata, con dei contorni già fragili e ulteriormente slabbrati dall’inconsistenza delle singole scene e da una quantità industriale di stucchevole melassa. Michel Hazanavicius prova a giocare – in chiave para-disneyana, ma in fin dei conti molto poco psicoanalitica – sul crinale del brio surreale caro al Gondry dei tempi d’oro, annacquandolo nel tentativo di proporne una versione divulgativa e bidimensionale. Lo scheletro generale del film, fragile e claudicante fin dalle premesse, finisce così col franare precocemente su stesso, banalizzando e facendo sembrare particolarmente invecchiato e fuori tempo massimo anche lo sforzo cromatico e scenografico, il ricorso a pupazzi in 3D e altre inutili amenità. Tutto il cinema del cineasta di The Artist (2012), in fin dei conti, è avvezzo a giocare col cinema e col suo calco, dal film con Jean Dujardin e Berénice Bejo (presente qui nei panni della stralunata dal cuore d’oro di turno) allo sfrontato e giocoso Il mio Godard (2017), ma in questo caso il gioco di prestigio ha una trasparenza e una letteralità che vanificano ogni magia, sospensione dell’incredibilità e possibilità d’immedesimazione, tanto emotiva quanto psicologica, trasformando il regno del fatato in un territorio ibrido e neutro.
Commedia dalle venature un po’ fantasy e un po’ family, Il principe dimenticato è un esempio di maldestro tentativo tanto di cinema per l’infanzia quanto di feel good movie, all’insegna di buoni sentimenti e situazioni rassicuranti, che vorrebbe parlare di crescita e di evoluzione dei rapporti umani lasciando intravedere il richiamo della realtà dietro le sembianze colorate di un mondo incantato. L’intersezione tra i due poli della narrazione, uno più concreto e l’altro più immaginifico, è però mal dosata, con dei contorni già fragili e ulteriormente slabbrati dall’inconsistenza delle singole scene e da una quantità industriale di stucchevole melassa. Michel Hazanavicius prova a giocare – in chiave para-disneyana, ma in fin dei conti molto poco psicoanalitica – sul crinale del brio surreale caro al Gondry dei tempi d’oro, annacquandolo nel tentativo di proporne una versione divulgativa e bidimensionale. Lo scheletro generale del film, fragile e claudicante fin dalle premesse, finisce così col franare precocemente su stesso, banalizzando e facendo sembrare particolarmente invecchiato e fuori tempo massimo anche lo sforzo cromatico e scenografico, il ricorso a pupazzi in 3D e altre inutili amenità. Tutto il cinema del cineasta di The Artist (2012), in fin dei conti, è avvezzo a giocare col cinema e col suo calco, dal film con Jean Dujardin e Berénice Bejo (presente qui nei panni della stralunata dal cuore d’oro di turno) allo sfrontato e giocoso Il mio Godard (2017), ma in questo caso il gioco di prestigio ha una trasparenza e una letteralità che vanificano ogni magia, sospensione dell’incredibilità e possibilità d’immedesimazione, tanto emotiva quanto psicologica, trasformando il regno del fatato in un territorio ibrido e neutro.