Prot (Kevin Spacey) afferma di essere un alieno proveniente dal pianeta K-Pax. Viene rinchiuso in manicomio e affidato alle cure dello psichiatra Mark Powell (Jeff Bridges); in breve tempo, però, quest'ultimo verrà messo alle strette dalla lucidità dei ragionamenti del suo paziente, tanto che inizieranno a sorgergli dei dubbi sulle sue reali origini.

Tipico esempio di come alla macchina hollywoodiana piaccia piegare al proprio volere determinati generi cinematografici di grande appeal (il dramma psicologico, la fantascienza, il mystery), prelevando diversi spunti (anche interessanti) per poi ridursi a mettere in scena una lunga sequela di stereotipi. Sufficiente l'interpretazione di Spacey, ma lo script di Charles Leavitt (ispirato all'omonimo romanzo di Gene Brewer) si fa ridondante e sempre più furbetto col passare dei minuti. L'alone di mistero che avvolge il personaggio si trasforma presto in superficialità narrativa evidente, grossolana e ricca di ingenuità. E la regia di Softley non fa certo molto per migliorare il tutto.
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