Karel Kopfrkingl (Rudolf Hrušínský) lavora in un crematorio ed è ossessionato dalla morte e dalla funzione purificatrice del fuoco. Con l’avvento del nazismo, le sue credenza prendono risvolti sempre più radicali ed inquietanti.

Una sorta di lungo delirio, esaltato da una regia e da un montaggio controintuitivi, che continuamente producono un’esperienza straniante per lo spettatore. I dialoghi ripetitivi, i simboli ritornanti, le idiosincrasie di Karel che vengono reiterate costantemente, i suoi monologhi maniacali che mischiano nazismo e buddhismo: tutto porta a costruire un forte senso di inquietudine da cui è impossibile sfuggire. Un film importante, che mostra gli effetti di un culto mortuario sulla mente di un uomo squilibrato e influenzabile, che è anche simbolo di un’Europa grottesca, malata e sull’orlo dell’autodistruzione. Semplicemente stupenda la prova di Hrušínský, all’apparenza contenuta e invece capace di esaltare con pochi dettagli l’insania del suo personaggio. Tratto da un romanzo di Ladislav Fuks.
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