Il sole negli occhi
Durata
98
Formato
Regista
Dopo la morte dei genitori, l'ingenua Celestina (Irene Galter) si trasferisce a Roma per fare la domestica in casa di due pensionati, i quali la prendono in simpatia e pensano di lasciarle una piccola eredità. I parenti si ribelleranno e persino il fidanzato della ragazza (Gabriele Ferzetti) rivelerà tutta la propria meschinità.
Dopo essersi specializzato nella critica cinematografica, Antonio Pietrangeli esordisce dietro la macchina da presa concentrandosi su una figura femminile, tema che costituirà il punto focale di quasi tutta la sua filmografia. Si segnala qualche debolezza strutturale e un'eccessiva ingerenza del commento musicale, ma il ritratto di Celestina, costretta ad affrontare un mondo cinico e respingente dominato dall'egoismo degli uomini, rivela appieno la sensibilità autoriale. La solitudine del personaggio è raccontata soprattutto in rapporto all'aridità della metropoli, tra palazzi e strade desolate: partendo dalle ricerche rosselliniane, Pietrangeli si inserisce nel cosiddetto neorealismo rosa e tenta con successo di mostrare l'evoluzione della protagonista, giustapponendo una dopo l'altra le scene atte a scandire il passaggio dall'ingenuità giovanile alla maturità disincantata. Già impregnato della malinconia tipica del regista, Il sole negli occhi accumula una tensione che giunge a una triste rassegnazione (se non fosse per il finale che apre una fievole speranza per il futuro). Peccato per una prima parte impostata su un certo sociologismo spicciolo: in ogni caso, un film lucido e sentito. Scritto da Pietrangeli, Suso Cecchi D'Amico, Lucio Battistrada e Ugo Pirro.
Dopo essersi specializzato nella critica cinematografica, Antonio Pietrangeli esordisce dietro la macchina da presa concentrandosi su una figura femminile, tema che costituirà il punto focale di quasi tutta la sua filmografia. Si segnala qualche debolezza strutturale e un'eccessiva ingerenza del commento musicale, ma il ritratto di Celestina, costretta ad affrontare un mondo cinico e respingente dominato dall'egoismo degli uomini, rivela appieno la sensibilità autoriale. La solitudine del personaggio è raccontata soprattutto in rapporto all'aridità della metropoli, tra palazzi e strade desolate: partendo dalle ricerche rosselliniane, Pietrangeli si inserisce nel cosiddetto neorealismo rosa e tenta con successo di mostrare l'evoluzione della protagonista, giustapponendo una dopo l'altra le scene atte a scandire il passaggio dall'ingenuità giovanile alla maturità disincantata. Già impregnato della malinconia tipica del regista, Il sole negli occhi accumula una tensione che giunge a una triste rassegnazione (se non fosse per il finale che apre una fievole speranza per il futuro). Peccato per una prima parte impostata su un certo sociologismo spicciolo: in ogni caso, un film lucido e sentito. Scritto da Pietrangeli, Suso Cecchi D'Amico, Lucio Battistrada e Ugo Pirro.