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110

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Il corpo di Ciro (Marco D’Amore) sta affondando nelle acque scure del Golfo di Napoli. E mentre sprofonda sempre più, affiorano i ricordi: è il 1980, la terra trema, il palazzo crolla, ma sotto le macerie si sente il pianto di un neonato ancora vivo. Dieci anni più tardi, quel neonato ormai cresciuto cerca di sopravvivere come può alle strade di Napoli, figlio di nessuno.

L’educazione criminale di Ciro Di Marzio, l’Immortale: così si potrebbe riassumere questo progetto pensato per i fan di Gomorra – La serie. Sorta di spin-off (o di origin story, prendendo in prestito una definizione tipica dell’universo dei fumetti), ricchissimo di flashback, della nota serie televisiva, L’immortale segna l’esordio alla regia di un lungometraggio per Marco D’Amore, che già si era cimentato dietro la macchina da presa per due episodi della quarta stagione della suddetta serie. In perfetta sintonia e coerenza con lo stile e l’approfondimento psicologico del prodotto per il piccolo schermo, L’immortale è un film senza infamia e senza lode: non ci sono particolari guizzi o sorprese (sia dal versante stilistico che da quello narrativo), ma la confezione è dignitosa e il ritmo funzionale al punto giusto. Può forse dispiacere che la storia non aggiunga sostanzialmente niente di nuovo, seppur per gli appassionati possa bastare che il lungometraggio non presenti cali o gravi difetti, riuscendo a non soffrire troppo il passaggio sul grande schermo. 
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