Manicomio
Bedlam
Durata
79
Formato
Regista
1760. Il manicomio di Bedlam è gestito dal sadico direttore Sims (Boris Karloff), che non ha alcun rispetto per i pazienti e si diverte a tormentarli. Nell Bowen (Anna Lee) prende a cuore la questione e si impegna a migliorarne le condizioni, ma dovrà fare i conti con il capo della struttura.
Prendendo spunto da un ciclo di quadri firmato da William Hogarth, Mark Robson dirige una pellicola curiosa e coraggiosa nel ricreare e muoversi costantemente all'interno di un'ambientazione orrorifica a tratti visionaria, in grado di suggerire un clima cupo e tetro. Manicomio è un ottimo spunto per riflettere sulla linea sottile che separa il Bene dal Male, così come sul ruolo della ragione e del pregiudizio nei confronti di chi spesso si schiera controcorrente, rischiando di essere giudicato come “malato” (i pazienti del manicomio si riveleranno essere i personaggi più umani in scena, mentre il sadico dottore, colui che apparentemente detiene la ragione, è il vero folle). Abile nel tratteggiare un crescente climax di tensione emotiva, Robson (anche sceneggiatore con Val Lewton), però, a volte calca poco la mano sul lato della denuncia di una società troppo spesso omologata e monotona, forse perché costretto da una produzione restìa a spingere troppo su questo versante. Un pizzico di coraggio in più, in questo senso, gli avrebbe giovato, ma resta una pellicola da riscoprire.
Prendendo spunto da un ciclo di quadri firmato da William Hogarth, Mark Robson dirige una pellicola curiosa e coraggiosa nel ricreare e muoversi costantemente all'interno di un'ambientazione orrorifica a tratti visionaria, in grado di suggerire un clima cupo e tetro. Manicomio è un ottimo spunto per riflettere sulla linea sottile che separa il Bene dal Male, così come sul ruolo della ragione e del pregiudizio nei confronti di chi spesso si schiera controcorrente, rischiando di essere giudicato come “malato” (i pazienti del manicomio si riveleranno essere i personaggi più umani in scena, mentre il sadico dottore, colui che apparentemente detiene la ragione, è il vero folle). Abile nel tratteggiare un crescente climax di tensione emotiva, Robson (anche sceneggiatore con Val Lewton), però, a volte calca poco la mano sul lato della denuncia di una società troppo spesso omologata e monotona, forse perché costretto da una produzione restìa a spingere troppo su questo versante. Un pizzico di coraggio in più, in questo senso, gli avrebbe giovato, ma resta una pellicola da riscoprire.