Anno 1881. Un clan di predoni di tombe ruba manufatti non ancora catalogati per rivenderli al mercato nero. I membri più giovani della famiglia iniziano ad vivere un conflitto morale che porterà al recupero di 40 sarcofagi da parte di archeologi ufficiali.

I dialoghi fin troppo seriosi e il ritmo soporifero sono i difetti principali di un film tratto da una storia vera e che è forte invece soprattutto della affascinante e misteriosa ambientazione: le rovine di Tebe, antica capitale del regno d’Egitto. L’azione limitata al minimo è una scelta coerente con la volontà di raccontare non solo il dilemma morale individuale del protagonista, ma anche un periodo molto delicato della storia egiziana, in cui il Paese era ancora sotto il controllo ottomano. È però anche una scelta controproducente a livello cinematografico, siccome il film non riesce quasi mai a reggersi davvero solo sul lavoro introspettivo. È un peccato che questo sia l’unico lungometraggio di Chadi Abdel Salam (anche sceneggiatore e costumista) e che quindi il regista non abbia avuto la possibilità di affinare il suo talento visivo che comunque si riesce a scorgere in più di un punto. Prodotto da Roberto Rossellini e musicato da Mario Nascimbeni. Di culto in patria, all’estero è riscoperto soprattutto grazie a Scorsese e al suo World Cinema Project.
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