Non sparate agli aquiloni
Uçurtmayi Vurmasinlar
Durata
90
Formato
Regista
In una prigione femminile in cui è cresciuto per via dell’incarcerazione della madre, il piccolo Baris (Ozan Bilen) stringe una forte amicizia con Inci (Nur Suren), una detenuta per motivi politici che si prende a cuore il bambino.
Costruito a partire da un lungo flashback di Inci in seguito al suo rilascio, il film proietta il pubblico in un contesto carcerario che, sebbene guidato da uomini sciocchi e facili all’ira, non riesce a reprimere il forte senso di solidarietà femminile che vive tra le sbarre della prigione. Non che manchino screzi interni, ma la positività non viene mai meno, in una pellicola in cui proprio l’ottimismo è il più sentito motore dell’opposizione contro il potere. Lo sguardo infantile è perfetto per raccontare la crescita della consapevolezza del valore della libertà, e il regista lo fa attraverso simboli efficaci e mai insistiti, evitando i facili inciampi retorici che un soggetto del genere poteva portare con sé. Infatti tutti gli ingredienti sono ben amalgamati, mischiando attimi di tenerezza, momenti di allegria e scene più tese con il giusto ritmo. Nonostante la breve durata, la sceneggiatura riesce a rendere incisivi i ritratti di tutte le detenute, che non sono mai comparse sullo sfondo, bensì personaggi completi cui storia privata si affaccia sempre tra un dialogo e l’altro. Il finale è un inno a non abbandonare la speranza e il senso di meraviglia fanciullesco, cui simbologia si riconferma efficace forma di resistenza. Tratto da un romanzo di Feride Çiçekoglu (anche sceneggiatrice) in cui la scrittrice racconta la propria esperienza carceraria durante gli anni della dittatura militare di Kenan Evren, terminata proprio l’anno di uscita del film.