Nothingwood Party

Nothingwood

Anno

Generi

Durata

85

Formato

Regista

Salim Shaheen è il più prolifico regista afghano: al suo attivo ci sono oltre 110 lavori, prodotti spesso sgangherati e amatoriali, girati al fianco di amici e parenti che fanno a gara per lavorare con lui.



Né Hollywood né Bollywood: semplicemente Nothingwood, una terra di nessuno dove il cinema attecchisce, nonostante tutto. È questo l'assunto da cui parte la regista francese Sonia Kronlund per raccontare, in un documentario spassosissimo e pirotecnico, questo curioso e irripetibile Ed Wood afghano, autore di musicarelli e pellicole di serie Z che riscuotono un enorme successo nel suo paese. Un regista approssimativo e viscerale ma di grandissimo impatto popolare, maneggiato dal film come una metafora eloquente di un amore e di uno stupore per il cinema che non conoscono barriere né vincoli di qualità tecnica e sensibilità artistica, per non parlare delle restrizioni geografiche (si può fare cinema, purché lo si voglia, anche nel cuore del Medio Oriente). Non è un caso che il titolo di lavorazione del documentario fosse proprio Ed Wood in Kabul e che esso non si sottragga affatto dal mostrare i trucchi artigianali e le soluzioni esplosive utilizzate dal regista sui suoi set improvvisati e pionieristici, ma dannatamente carichi di passione e di entusiasmo. Il film non va però oltre questa dimensione e con il passare dei minuti un po' si arena, risultando un meccanismo abbastanza standardizzato di sketch all'insegna del mero meccanismo di causa – effetto e di azione e reazione. Rimane però interessante lo spaccato antropologico, quasi sociologico ed etnografico, di cui si fa portavoce questo personaggio singolare, totalmente spiantato, privo di soldi e anche di una troupe: un Candido vigoroso e incontenibile, acclamato dal suo popolo come una sorta di eroe, un demiurgo impareggiabile del canto, della danza, della follia contagiosa. Notevole anche la forma di resistenza guascona e impossibile portata avanti dall'anarchico e scatenato Salim, che evita la censura talebana presente nel suo paese ma spesso e volentieri si ritrova a girare sotto i bombardamenti che funestano l'Afghanistan, come molti dei suoi racconti incredibilmente testimoniano. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes nel 2017.
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