L'ombra del vampiro

Shadow of the Vampire

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93

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Friedrich Wilhelm Murnau (John Malkovich) sta girando il suo capolavoro Nosferatu tra le mille preoccupazioni del produttore (Udo Kier). A complicare le cose, l’eccentrico protagonista Max Schreck (Willem Dafoe), nel ruolo del vampiro, entrato così a fondo nella parte da uscire solo di notte, dormire in una bara e attaccare i colleghi di set. Poco a poco, nella troupe si insinua il sospetto che Schreck non sia realmente un attore.



Curiosa (e pedestre) operazione di E. Elias Merhige, che ripercorre la lavorazione del capolavoro espressionista di Murnau dando credito alla vox populi secondo la quale Max Schreck (che tradotto dal tedesco significa “massimo spavento”) fosse un vero vampiro, scovato dal regista e assoldato a discapito dei rischi in nome dell’arte. Se doveva essere un omaggio al cineasta tedesco, non è (eufemisticamente) affatto riuscito: Murnau è rappresentato come un fanatico dipendente dal laudano, dedito a pratiche sadomaso, invasato e macchiettistico. Gli scambi con il conte Orlok viaggiano sul filo del grottesco e l’insinuazione, neanche tanto suggerita, che tra i due ci sia una sorta di bivalente relazione di dominio non fa che peggiorare le cose. Troppo viene mostrato e gli attacchi del vampiro finiscono per scadere nel ridicolo, così come l’interpretazione esagitata di un irriconoscibile Dafoe, inspiegabilmente candidato all’Oscar. I pochi momenti in cui si respira cinema sono relegati alle sequenze volte a ricostruire le inquadrature del capolavoro originale; per il resto la regia è scolastica, quasi televisiva, la sceneggiatura frettolosa di svelare il segreto di Murnau uccide l’interesse dello spettatore fin dalle prime battute e il ritratto dell’artista pronto a compiere gesti immorali in nome della propria opera è stravisto e irrispettoso. Ambizioso e aberrante il finale, che vorrebbe miscelare realtà, finzione cinematografica e racconto orrorifico ma finisce per pasticciare gli elementi in maniera grossolana. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 53° Festival di Cannes, è un “tributo” caciarone e ingannevole, che non si lascia mancare momenti scult (la sbronza del vampiro, i battibecchi con il regista sull’uso del trucco). Molto meglio recuperare il capolavoro del muto o il remake di Werner Herzog del 1979, Nosferatu – Il principe della notte, con protagonista uno straordinario Klaus Kinski.
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