Cuba, fine '800. Luis Vargas (Antonio Banderas), facoltoso proprietario terriero, sposa l’americana Julia (Angelina Jolie), conosciuta per corrispondenza. Julia è in realtà una avventuriera e truffatrice di nome Bonnie, interessata alle ricchezze del marito, ma l’amore appassionato che li unisce renderà tutto più complicato.

Dal romanzo Vertigine senza fine di Cornell Wollrich, da cui François Truffaut aveva già tratto il suo cult La mia droga si chiama Julie (1969) con Jean-Paul Belmondo e Catherine Deneuve. Cercare di replicare il modello truffautiano è già un azzardo non da poco, ma il regista e sceneggiatore Michael Cristofer sbaglia tutto, e anche di più. Il tanto decantato erotismo soft che dovrebbe costituire l’ossatura della pellicola è quanto di più artificioso si possa immaginare, accompagnato da una direzione pedestre dei due attori protagonisti: Banderas sfiora spesso il ridicolo, ma a uscirne peggio è Angelina Jolie, femme fatale certamente affascinante ma poco credibile e penosa da un punto di vista recitativo. A completare il tutto ci pensano i dialoghi ridicoli, la pessima ambientazione d’epoca e una regia approssimativa, con jump cut e ralenti gratuiti per cui si invita il signor Cristofer a frequentare un corso di cinema.

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