Gli affari non vanno molto bene a Gordon Fleming (Peter Mullan), socio di una ditta di bonifica. Diventato da poco papà di una bambina, per risollevare la propria condizione economica accetta un lavoro in un vecchio manicomio abbandonato, il Danvers State Mental Hospital. Mentre lavora con una squadra di operai nei locali fatiscenti, Mike trova una scatola con dei nastri numerati contenenti registrazioni di sedute psichiatriche. Inizia un viaggio demoniaco che porterà la squadra a fare i conti con le paure più intime e a risvegliare una storia di terrore e violenza.

Brad Anderson, dopo due commedie romantiche di successo (Prossima fermata Wonderland del 1998 e Happy Accidents del 2000), si cimenta in un horror psicologico a basso budget, realizzato con pochissimi effetti speciali e tra i primi film girati in digitale a 24 frame al secondo. Session 9 conta su un discreto lavoro di sceneggiatura, in cui gli snodi narrativi son ben congegnati e consentono di mantenere alto il livello di tensione fino allo sconvolgente finale. Il risultato è un horror che mescola efficacemente atmosfere e stilemi del genere nelle sue accezioni più classiche, con trovate e dinamiche decisamente innovative per i primi anni Duemila. Peccato, però, per un montaggio a volte confusionario, per alcuni passaggi un po' ripetitivi e per alcune soluzioni di regia banali e scolastiche, che minano la resa complessiva del film. Con qualche accorgimento in più, poteva essere un film davvero interessante.
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