Piano 17
Durata
105
Formato
Regista
Marco Mancini (Giampaolo Morelli), dopo aver preso parte a una rapina finita male insieme a Luca Pittana (Enrico Silvestrin), deve far saltare in aria alcuni importanti documenti custoditi al 17° piano di un palazzo. Ma qualcosa va storto e resta intrappolato in ascensore con Meroni (Giuseppe Soleri) e Violetta (Elisabetta Rocchetti). L'ordigno innescato complica non poco le cose.
Film di genere strampalato di puro intrattenimento, girato per la maggior parte del tempo all'interno di un ascensore e costellato da flashback che richiamano i punti di vista dei protagonisti prima che finissero "intrappolati". Lo spazio angusto diventa però un limite, dal momento in cui né la scrittura né la regia sembrano essere in grado di reggere per 105 lunghissimi minuti. Anche la recitazione è forzata e sopra le righe, con personaggi ricalcati su stereotipi, trattati però con una buona dose di ironia, in linea con il tono dell'opera. I Manetti Bros portano avanti numerose citazioni che strizzano l'occhio al poliziottesco, anche nell'utilizzo di uno stile ruvido ed “economico”: la costruzione vicina al mondo del noir classico, con ombre e geometrie ben definite, dimostra una discreta padronanza della macchina, nonostante il risultato finale lasci più di qualche perplessità.
Film di genere strampalato di puro intrattenimento, girato per la maggior parte del tempo all'interno di un ascensore e costellato da flashback che richiamano i punti di vista dei protagonisti prima che finissero "intrappolati". Lo spazio angusto diventa però un limite, dal momento in cui né la scrittura né la regia sembrano essere in grado di reggere per 105 lunghissimi minuti. Anche la recitazione è forzata e sopra le righe, con personaggi ricalcati su stereotipi, trattati però con una buona dose di ironia, in linea con il tono dell'opera. I Manetti Bros portano avanti numerose citazioni che strizzano l'occhio al poliziottesco, anche nell'utilizzo di uno stile ruvido ed “economico”: la costruzione vicina al mondo del noir classico, con ombre e geometrie ben definite, dimostra una discreta padronanza della macchina, nonostante il risultato finale lasci più di qualche perplessità.