Davide (Jean Sorel) è un ventenne, alla ricerca ostinata di lavoro e con un figlio da mantenere. Nonostante sforzi e raccomandazioni varie, avrà un piccolo incarico ma per sopravvivere dovrà ricorrere ad espedienti tutt'altro che limpidi.

Tratto dai racconti di Alberto Moravia, che firma anche la sceneggiatura con Pasolini e Marco Visconti, è una sorta di prosecuzione di un discorso che Bolognini aveva cinematograficamente avviato con Giovani mariti (1958) e il noto La notte brava (1959). Se in questi film il soggetto era sempre incentrato sui giovani, ma lo spaccato inseguiva un andamento corale, ora il regista toscano stringe lo sguardo “pedinando” neorealisticamente un solo protagonista. Visivamente interessante (si veda a tal proposito la sequenza iniziale), musicalmente audace e molto ad effetto: d'impatto l'accostamento di brani jazz a scene di cruda realtà. Resta meno convincente il ritmo, troppo altalenante per poter appassionare davvero, e non manca qualche passaggio a vuoto: con una maggiore cura sarebbe diventato un lungometraggio ancor più importante e significativo.
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